Evidentemente artisti come Yungblud e Machine Gun Kelly stanno facendo scuola. In questo caso però non parliamo di un musicista affermato o alla ricerca di celebrità, ma di un ragazzino che nel giro di tre anni ha già compiuto tappe importanti. Leo Davadi Sundli ha infatti soli tredici anni e, dopo l’esperienza con gli Snøstorm ha dato vita a questo nuovo progetto, incontrando subito il favore di un’etichetta di spessore come Indie Recordings (Fixation, Atena, Fight The Fight..) . Probabilmente nelle recensioni che troverete in rete nel giro di un mesetto si leggerà spesso il termine “baby prodigio”, però qui non si tratta tanto di esaltare le qualità di un adolescente alle prese con qualche strumento o il microfono. Qui si tratta di capire in quale direzione si sta muovendo una fascia di pubblico che ha assorbito la lezione dei Bring Me The Horizon e la sta usando per contrastare tutto quello che concerne trap, grime, dubstep e tutta quella spazzatura con autotune che si sente a Eurovision. Quando in ‘Beautiful Pain’ parla della crisi sociale, un po’ da sorridere viene anche perché nelle vesti di Greta Thunberg non ce lo vedo proprio, però l’EP è abbastanza sostanzioso, si lascia ascoltare e rappresenta senza dubbio un buon punto di partenza in attesa della prima fatica su lunga distanza. Il futuro ci dirà se sentiremo ancora parlare di Storm. Personalmente sono più preoccupato di mia figlia di due anni, anche se i vari Olai Wanvik, Martin Stenstad Selen (Navian), Erlend Gjerde (Djevel) e Tobias Østerdal non la pensano come me.