Al di là di titoli abbastanza questionabili, il buon vecchio thrash tedesco non si smentisce mai. Di sicuro questo non è il migliore album della band che assieme a Sodom e Destruction ha fatto la storia del genere ma già il fatto di essere ancora in pista e competere con fierezza con i miti americani e soprattutto con le formazioni più giovani è un segnale estremamente positivo. La visione di Mille Petrozza non è mutata, semmai si è inacidita, e il leader si è mosso con astuzia e abilità tra il copione dettato negli anni ‘80 ed una produzione fresca e potente di cui tanti capolavori del passato non hanno potuto godere. Buona parte del merito va senza dubbio a Arhtur Rizk (Power Trip, Cavalera Conspiracy) anche se l’album, presentato con la superba copertina di Eliran Kantor (Testament, Helloween), gode dei contributi del veterano Jürgen "Ventor" Reil alla batteria, del virtuoso chitarrista Sami Yli-Sirniö (Barren Earth, Waltari) e del bassista Frédéric Leclercq (ex-Dragonforce). Il lato oscuro dell’uomo e la costante disarmonia che si manifesta, a più livelli, nella società attuale vengono denunciati con undici tracce dalla natura violenta e almeno un paio di anthem sapranno risvegliare gli appassionati di thrash teutonico dal terrificante torpore nel quale sono sprofondati negli ultimi due anni.