Il successore di ‘Mire’, presentato col magnifico dipinto di Jean-Luc Almond, è senza dubbio il miglior disco metal distribuito da Nuclear Blast dopo lo scossone all’organigramma aziendale e la repentina nascita di Atomic Fire. Il gruppo post-sludge ha reso le proprie canzoni ancora più ciniche e adatte alle playlist di settore ma soprattutto ha saputo convogliare nel materiale tutta la frustrazione di non potere suonare dal vivo e dovere attendere la fine dei lockdown. Le rovine sonore in cui vi imbatterete trasmettono sensazioni di desolazione e malinconia post-apocalisse e un approccio marcatamente live oriented, in pratica hardcore, rende l’atmosfera decisamente insalubre. La prova del cantante e chitarrista Brady Deeprose – anche su ‘Toward The Sun’ dei Garganjua - è eccezionale ma la suo fianco si muove una macchina perfetta e sia il chitarrista Dan Nightingale che il bassista Conor Marshall offrono un contributo determinante. Quando poi Jan Krause si accende dietro le pelli non ce n’è più per nessuno e sinceramente i Conjurer sembrano tutto meno che una formazione britannica, viste le referenze a Mastodon, Gojira e Sumac. ‘It Dwells’, ‘Basilisk’ e ‘Crack In The Pyre’, una sorta di ballata oscura che potrebbe spingere il quartetto a muoversi su altri territori sonori in futuro, sono le tracce chiave di una scaletta che non mette mai a proprio agio l’ascoltatore.