Trovo che ci siano delle similitudini importanti tra quest’album e ‘1755’ dei Moonspell e non certo perché in entrambi i casi c’è un anno nel titolo. Il fatto che è sia i finlandesi che i portoghesi hanno iniziato la loro carriera in ambito estremo e di release in release hanno abbracciato nuove sonorità o comunque incorporato elementi differenti in maniera da non ripetersi. Per tutti e due i gruppi vale un’integrità spaventosa, la scelta di non seguire mai la strada più semplice, accessibile e commerciale. Al contrario gli Insomnium hanno proseguito nella loro opera di definizione del death metal melodico senza mai sfruttare la popolarità del genere o le opportunità economiche che venivano loro offerte. Come ‘Heart Like A Grave’, ma anche l’EP ‘Argent Moon’, il nuovo album regala linee melodiche robuste e arrangiamenti solenni, un cantato evocativo e spettrale, guitar work di classe e parti atmosferiche angoscianti e malinconiche. Il racconto scritto dal bassista e cantante Niilo Sevänen, ispirato ai processi alle streghe di Torsåker, trova collegamenti concreti con quanto sta accadendo nel mondo attualmente e, tra fanatismo religioso, guerre senza senso e scenari horror, ‘Anno 1696’ è portatore di un messaggio che va oltre la musica e tocca altre forme artistiche. ‘White Christ’, che vede come ospite Sakis Tolis dei Rotting Christ, ricorda i primi In Flames e Dark Tranquillity mentre ‘Lilian’ e ‘The Witch Hunter’ si riallacciano al materiale più recente della band. Un altro apice è senza dubbio ‘Godforsaken’, a metà tra i Paradise Lost di ‘Icon’ e certe cose degli Amorphis, con Johanna Kurkela (moglie di Tuomas Holopainen dei Nightwish) alla voce.