“Don't React, Respond”. La filosofia di vita dei Pearl Jam, che ha distolto Eddie Vedder dal percorrere la via dell'autodistruzione con Chris Cornell, Layne Staley, Kurt Cobain e relative band, sta tutta nel ritornello del secondo brano di ‘Dark Matter’. Il dodicesimo album in studio: un traguardo che i vecchi amici e colleghi del grunge non avrebbero mai sperato di tagliare, perché in fondo reagire d'istinto faceva parte del loro DNA e ribattere razionalmente non era un'opzione. Per il gruppo nato dalle ceneri di Mother Love Bone e Green River, invece, il compromesso era e rimane un'arte, tanto importante quanto scrivere belle canzoni. Non è un caso se già ai tempi di ‘Yield’ (1998) gli ex ragazzi ribelli di Seattle avevano imboccato il sentiero senza ritorno del mainstream, e ‘Dark Matter’ non cambia l'andazzo, rivelandosi un disco su misura sia per i reduci della Generazione X che per i fan di Bruce Springsteen. Non mancano pezzi coinvolgenti come ‘Scared Of Fear’, ‘Waiting For Stevie’ e ‘Got To Give’, che risplendono di bellezza nonostante l'orribile produzione, e le ballate ‘Wreckage’, 'Won't Tell' e ‘Setting Sun’ sanno sempre pizzicare le delicate corde delle emozioni, ma a volte la distanza stilistica dagli album solisti di Vedder è talmente minima da sembrare impercettibile.