Pur con tutte le giustificazioni possibili, il suono degli inglesi è diventato sempre più stanco negli ultimi anni. Capace di descrivere al meglio la desolazione e la rassegnazione che percepiamo al giorno d’oggi, ma troppo lontano dalla gotica crudezza di capolavori quali ‘The Angel And The Dark River’ e ‘Like Gods Of The Sun’ o dalla violenza primordiale di ‘The Dreadful Hours’. Per certi versi è meglio così, perché nessuno vorrebbe vedere i My Dying Bride attorcigliarsi su loro stessi e scopiazzare idee del passato. Di sicuro ‘A Mortal Binding’ suona più coeso di ‘The Ghost Of Orion’, seguito di qualche mese dal mini ‘Macabre Cabaret’, anche se la produzione di Mark Mynett non raggiunge i livelli qualitativi di quella del collaboratore decennale Mags. ‘Thornwyck Hymn’ e ‘A Starving Heart’ sono gli apici di un suono criptico e funereo, attraverso il quale Aaron Stainthorpe e Andrew Craighan cercano di donare ai loro seguaci un altro frangente epico della loro storia. Personalmente però ho amato di più pezzi classici e già sentiti come ‘Her Dominion’, ‘Unthroned Creed’ ed il monolite ‘The Apocalyptist’, undici minuti di delirio dark all’ennesima potenza. Chiedere qualcosa di differente sarebbe stato stupido, soprattutto dopo ciò che ha passato la band di recente. È doveroso però sottolineare come ‘A Mortal Binding’ non riesca a trasmettere le medesime emozioni di altri capitoli discografici della sposa morente e tale riflessione dovrebbe essere estesa su più livelli. Sul fatto che il disco sia stato leakato molto prima della sua uscita, sul fatto che un’etichetta un tempo gloriosa non promuova più come una volta le proprie uscite e così via..