La storia dell’hardcore band di Stevenage, Hertfordshire nasce meno di dieci anni fa, con l’uscita dell’omonimo debutto. Un’autoproduzione che fece saltare per aria mezza scena underground britannica e che valse ai ragazzi la firma con One Little Indian nel giro di poco. Prima ‘Exiled’ e poi ‘Human Capital’ hanno permesso di rafforzare la fanbase e fare ascoltare il proprio hardcore-punk ricco di invettive noise e testi politici al di fuori del Regno Unito e questo quinto full lenght, immesso sul mercato con l’avveniristico artwork a cura di Peter Kennard, riassume un po’ tutto questo in un’ottica ancora più aperta verso altri mercati. La produzione è leggermente più accessibile, ma il casino è ugualmente garantito. Provate ad ascoltare ‘No Retribution’ per rendervene conto e mentre tentare di pararvi le orecchie sappiate che si tratta di un singolo. L’approccio caotico di ‘Contempt’ – registrato ai Chapel Studios sotto la supervisione di Ben Greenberg, ex-The Men e Industrial Uniform che ha collaborato tra gli altri con Metz e Drab Majesty - saprà travolgervi al primo impatto, però saranno i successivi ascolti a rapirvi la mente. Un disco che, come suggerito nella biosheet, alza la posta in gioco ed esplora i continui effetti che l'austerità ha avuto sui lavoratori, in particolare sulla distruzione del pianeta e dei suoi abitanti da parte del capitale. Chris Dodd sputa in faccia alla borghesia imperante e le chitarre di ‘Temple Of Victory’ o ‘Survival’ ti entrano dentro, come il freddo d’inverno nel Nord Europa. Altro che produzioni pop o playlist per Spotify. ‘Contempt’ è un disco vero, crudo, violento e oltranzista. Un disco che fa sperare in un futuro migliore, ma mostra anche il modo migliore per starsene fuori da tutto e tutti.