Nel giro di qualche settimana il panorama doom metal si è arricchito di un paio di dischi spettacolari. Il primo, ‘Death Divine’ degli Hail Darkness (andatevi a leggere l’intervista perché sono personaggi quanto minimo singolari..), proviene dall’Arizona mentre gli Huntsmen sono emersi dai sobborghi di Chicago. Il loro terzo lavoro in studio supera di schianto i precedenti, sia in termini di songwriting che di produzione, e premia gli sforzi di Prosthetic Records (etichetta che solo negli ultimi mesi ha immesso sul mercato ottimi album quali 'Under The Reviled Throne' dei Summoning The Lich, 'Fueled By Fear' dei Wraith e 'Head Hammer Man' degli Horndal) che ha creduto in loro fin dal principio. La macabra danza idealizzata in copertina è il riflesso di un sound che prende spunto perfino dal black e dallo sludge metal per rendere l’esperienza di ascolto più tetra e allo stesso tempo attraente possibile. Le canzoni che si distinguono maggiormente in scaletta sono ‘Cruelly Dawns’ e ‘In Time, All Things’, nella quale l’espressività vocale di Aimee Bueno emerge in tutta la sua veemenza. ‘The Dry Land’ ha tutte le caratteristiche dei dischi doom eppure non è un disco doom qualunque. Sembra voler narrare una storia di altre epoche, come un film in bianco e nero, senza mai tradire le regole del genere, ma anche senza mai annoiare. Un suono viscido, rabbioso eppure melodico, energico ma anche atmosferico e delicato, che rapisce fino a trasportare in un’altra dimensione. Ed è proprio in un’altra dimensione, quella live per la precisione, che non vediamo l’ora di valutare questi coraggiosi musicisti.