Un esordio da brividi quello dell’artista torinese, che ha da tempo intrapreso un percorso di ricerca e studio sulla vocalità, spaziando dalla multidisciplinarità alla composizione estemporanea. ‘Oh, Girl’ inaugura una scaletta letale tra echi di Björk e atmosfere urban sinistre. A catturare immediatamente l’attenzione sono la tensione che si sprigiona mentre le canzoni scorrono inesorabili. La densità del materiale è fuori dall’ordinario, come la voce di questa ragazza che dimostra di possedere una personalità disarmante fin dalla sua opera prima, e la produzione è totalmente internazionale, cinematica ma mai ridondante o di plastica, capace di esaltare l’anima pop di alcune tracce al pari di una componente sperimentale, che assume un ruolo determinante nell’economia del lavoro. Il team è stato composto da Jacopo Acquafresca e Andrea Marazzi e ‘IN:titolo’ regala la sensazione di un processo di crescita ancora in atto, di un’evoluzione che potrebbe portare Giulia Impache chissà dove, magari nelle classifiche italiane. Forse in quei canali che solo all’estero vengono apprezzati per quello che meritano. L’artwork, a cura di Luce Berta, descrive bene il calore donato da una serie di canzoni avvolgenti, sensuali, dotate di ritmo e armonia ma ugualmente tetre e viscide. ‘In The Dark’ e ‘Occhi’ sono il riflesso di un approccio lirico in cui tutto rimane volutamente sospeso. Alla ricerca di storie dal finale aperto, che lasciano molto all’immaginazione di chi si pone all’ascolto, ‘Ogni Cosa’ è un momento chiave di un disco dove l’elettronica si fa improvvisamente dura e le influenze jazz trasmettono emozioni uniche. Poi non venitemi a dire che in Italia non abbiamo nulla di interessante.