Il successore di ‘Eyes Of Oblivion’, letteralmente consumato dal sottoscritto, non è il disco migliore degli svedesi, anzi è un disco che nasconde tante difficoltà. Eppure non si riesce a toglierlo dallo stereo. I problemi alla mano di Dregen hanno costretto la band a fare a meno del suo contributo, sostituendolo temporaneamente con lo spagnolo Luis Gerardo Valeta (ex-Crisix, ‘77), e quel segno distintitivo manca, visto che si parla di ‘Leave a Mark’. Ciò non toglie che Nicke Andersson non abbia bisogno di presentazione e che il suo songwriting sia ancora esplosivo e soprattutto consistente come un tempo. È davvero sorprendente vedere quanti album di valore, tra Imperial State Electric, Lucifer e appunto The Hellacopters, riesca a scrivere e produrre e ‘Overdriver’ non sarà certo l’ultimo. ‘Eyes Of Oblivion’ era forse più solenne, epico, anche se mai trionfalistico, considerato il periodo in cui è uscito. ‘Overdriver’ suona più garage rock, più old school in certi frangenti e power pop in altri (le iniziali ‘Token Apologies’ e ‘Don't Let Me Bring You Down’ sono quasi all’opposto in tal senso). La copertina di Max Löffler traduce bene il desiderio di tutti noi di riabbracciare dal vivo la band e pezzi come ‘Wrong Face On’ e ‘Doomsday Daydreams’ sembrano scritti apposta per diventare dei punti fermi delle prossime setlist. Poi c’è ‘(I Don’t Wanna Be) Just A Memory’, che suona un po’ malinconica ma anche tarantiniana quanto basta per eccitare i vecchi nostalgici. ‘No Song Unheard’ e ‘Carry Me Home’ sono altri apici e nell’edizione limitata troverete pure le cover di ‘Wild Night’ di Van Morrison e ‘What’s Going On?’ di Al Stewart. Dovrebbe essere sufficiente a mantenere l’hype della reunion, in attesa che Dregen possa riprendere il suo posto.