Una delle rivelazioni dell’anno che si è da poco concluso sono senza dubbio gli svedesi, capaci di assorbire le invettive di formazioni come Humanity’s Last Breath, Imminence e Sleep Token e fonderle in un ibrido di post metal, metalcore e progressive metal di ampio respiro melodico. Le divagazioni nel djent sono in aperto contrasto con passaggi che richiamano alla mente l’evoluzione dei Bring Me The Horizon ed altri fortemente legati ad una tradizione svedese che non ha dimenticato l’opera di Breach e Cult Of Luna. La bellezza di questo esordio sta soprattutto nei momenti di silenzio, nelle pause, negli improvvisi rallentamenti che in un altro disco passerebbero inosservati. Qui invece ogni singola sfumatura serve per accendere stimoli reconditi, arrangiamenti sorprendenti e visioni che riflettono menti superiori alla media. ‘Remnant’ e ‘Echoes’ sono i miei personali apici ma pure ‘The Orphan Breed’ – il pezzo più anni novanta in scaletta con una grande prova vocale di Robin Malmgren – e ‘Emanate’ sono passaggi che rappresentano bene il livello raggiunto sia in termini compositivi che da quello della produzione dalla band. Non ho ancora avuto la fortuna di vedere un loro concerto, ma se queste sono le premesse allora ci sarà da rimanere a bocca aperta. Grande colpo per Century Media, che da tempo non poteva vantare una new entry di questo spessore nel proprio roster. Immergetevi nel nuovo mondo degli ALLT, lasciatevi trascinare dal guitar work di Olle Nordström e Viktor Florman e attendetevi qualcosa di veramente dirompente per il futuro. Magari non sarà così, magari finiranno per essere sepolti dall’ignoranza del mercato attuale. Però se c’è una speranza, tanto vale cullarcela fino in fondo.