Ci sono circostanze in cui basare una recensione sulla identificazione della band esclusivamente per mezzo del genere di appartenenza o delle diverse sottotipologie di catalogazione può essere utile, altre in cui rischierebbe di sminuire la reale portata della band stessa. Specie se ci si trova al cospetto di un gruppo il cui valore è tale da elevarsi al di sopra di concetti predefiniti, in quanto dotato di mezzi tecnici e/o creativi che gli consentono di dettare le proprie regole. Ed è questo il caso dei Rwake, dal momento che il volerli associare a termini come doom acido, sludge, postcore apocalittico o “extreme southern sound” non renderebbe loro piena giustizia. Infatti la ciurma di fratelli, di due distinte famiglie, provenienti dall’Arkansas va annoverata tra quelle entità musicali che stanno portando a ulteriore evoluzione l’heavy metal di filiazione radicale pesante. Che poi ci si trovi al cospetto di una generazione che ha nel codice genetico i cromosomi di Neurosis, Today Is The Day, Grief, Mastodon, His Hero Is Gone o EyeHateGod non deve essere visto come uno scandalo o un mezzo per ridurre la valenza di un’opera come ‘Voices Of Omens’, che rappresenta il quarto parto esteso dei Rwake (nonché il primo per Relapse e considerando che il debutto non vide mai ufficialmente la luce) e che li consacra quali definitivi artefici di un suono dove un groove marcio e dinamico, arricchito da tastiere decadenti e sample ambientali, si sviluppa e avviluppa su se stesso secondo teorie complesse, ma rese sempre perfettamente interpretabili. L’oscurità strisciante, catastrofica e maledetta, che conduce alla beatitudine eterna.