Fantasmi perduti che si ritrovano in nottate di ghiaccio e flebili respiri. Immagini funebri e candele che stanno per spegnersi mentre un arpeggio delicato introduce l’inizio di questo disco. Dopo qualche secondo una delicata voce precede l’apocalisse e nel frattempo quell’arpeggio continua a rimbalzare nella mia testa e viscerali visioni di agonia, sofferenza, preludio alla morte appaiono in serie. Definirli unicamente doom sarebbe sciocco e limitativo. Anche parlare esclusivamente di influenze come Anathema e Amorphis non darebbe l’idea della moltitudine di sfaccettature gotiche che la musica dei finlandesi, giunti al terzo album, riesce a proporre. Avevo amato anche ‘The Morning Never Came’ ma con il passare del tempo M. Kotamaki ha sviluppato un modo di cantare e un approccio alla melodia sempre più personale rendendoli veramente imperdibili. ‘Ghosts Of Loss’ riflette in ogni sua nota la maturità di un gruppo che adesso sa essere brutale (‘Descending Winters’) come ammaliare (‘Forgive Her’) e soprattutto non si pone più limiti affermando il proprio valore in tutte le sfumature tecniche e liriche che il caso richiede. ‘Psychopath’s Liar’ sembra voler deturpare le ali appena strappate di un angelo caduto ma la catarsi è appena iniziata. La conclusiva ‘The Ship’ procede lenta e inesorabile fino alla catasfrote, un fuoco enorme che ingoierà tutto in un attimo lasciandovi atterriti. E quel sole ingoiato dall’oscurità brucia dentro..