E così, un po’ alla volta, con sempre maggiore convinzione, i Behemoth hanno scelto di lasciarsi alle spalle quello che era il proprio habitat di appartenenza primario, ovvero il black metal, per assorbire (prima) e rendere del tutto palesi (poi) le aspirazioni sonore di natura death metal. E se nel precedente ‘Demigod’, rilasciato nel 2004, la bilancia iniziava a pendere decisamente verso il death, adesso, grazie al nuovo ‘The Apostasy’, la mutazione può definirsi pienamente compiuta. Quindi ci troviamo di fronte a una formazione che opta per un sound che ha in Hate Eternal, Deicide, Morbid Angel e Nile i propri rappresentati migliori, volendo citare solo band che hanno certamente esercitato una chiara influenza su Nergal e soci. Il fatto che tale cambiamento sia avvenuto nel momento in cui il gruppo polacco aveva ormai acquisito un’identità precisa e una personalità comunque spiccata, ha certamente contribuito a far sì che il disco sia stato elaborato con padronanza assoluta della materia e anche con una dose notevole di ambizione. Il che si riflette sulle undici tracce dell’album, che evidenziano una concretezza formale, strutturale e strumentale da alta classifica (non a livello di vendite, ma in quanto a qualità), sia quando rispecchiano i canoni tradizionali del genere, che quando optano per soluzioni dove si fanno largo toni epici e maestosi e anche in un pezzo come ‘Inner Sanctum’ (dove alla voce troviamo Warrel Dane dei Nevermore). Solidissimi.