L'unico limite di questo grandioso esemplare di post metal risiede nell'impossibilità di farsi apprezzare totalmente da coloro non hanno visitato le amene terre in cui è stato concepito. Sangue, ghiaccio e lava si intrecciano in questo quarto full lenght degli islandesi partendo dagli eccellenti risultati ottenuti con 'Köld'. Il viking metal degli esordi ha lasciato spazio a tonnellate di influenze psichedeliche e stacchi prog con i retaggi estremi a fare da collante tra i vari brani di un doppio album ricco di sorprese. 'Andvari' e 'Gola' rappresentano le due dimensioni, complementari e mai troppo in disaccordo tra loro, di una band visionaria e abile a sfruttare al massimo la tecnica sviluppata in oltre quindici anni di attività. Le vocals impazzite di Adalbjorn Triggvason trasudano epicità ed un legame indissolubile con la propria patria mentre le portentose cavalcate di 'Ljos I Stormi', 'Melrakkablus' e 'Djakninn' sapranno corroborare il vostro istinto più animalesco. 'þín Ord' e 'Æra' sono i pezzi più vicini al disco precedente al contrario di 'Fjara' ? nella quale risplende la voce di Ragnheidur Eiriksdottir - e di 'Kukl' che segnano un'evoluzione pesante nello stile dei quattro musicisti. La stupefacente title track è il simbolo di un ibrido di metallo alternativo che non si pone limite alcuno. L'orizzonte è più chiaro ma la foschia è pronta a togliere di nuovo qualunque speranza. Il viaggio verso l'ignoto è ancora lungo e Guðmundur Óli Pálmason ce lo ricorda con il suo incedere percussivo marziale. Ossessivo come il desiderio di scoprire ulteriori sfaccettature di questo paese incredibile.