Certo che associare il nome degli Obituary a quello della Relapse di questi tempi è come portare un cardiopatico sulle montagne russe. Per troppo tempo si è parlato degli Obituary più per i dissidi e le polemiche a distanza con Allen West ed ancora per i suoi tentativi di emulare Breaking Bad invece che per la loro efferata proposta musicale. Adesso, a cinque anni da 'Darkest Day' e soprattutto a trentacinque dal fenomenale esordio 'Slowly We Rot', i fratelli John e Donald Tardy hanno donato nuova stabilità alla formazione e, tra le gelide mura del RedNeck Studios di Gibsonton, nemmeno a chiederlo in Florida, sono riusciti a tornare ai livelli che i fans del death conoscono bene. Dubito che Kenny Andrews e Terry Butler siano preparati dal punto di vista tecnico come chi li ha preceduti ma la compattezza di queste dodici tracce è a dir poco spaventosa e, pur trattandosi di un deciso ritorno alle origini, 'Inked In Blood' non finisce mai per celarsi dietro a quel riprovevole velo nostalgico che ricopre molte release di oggi. Al contrario episodi quali 'Century Of Lies' e 'Visions In My Head' spazzano via l'intero materiale pubblicato da Candlelight e fanno venire voglia di andare a pogare sotto palco. La tensione elettrica viene mantenuta grazie a tutta una serie di stacchi ritmici monolitici, a tratti quasi hardcore, ed improvvise accelerazioni chitarristiche e percussive che solo talenti fuori dal comune possono predisporre con tanta naturalezza. Non ho dubbi sul fatto che 'Inked In Blood', alla fine dell'anno, sarà tra i primi posti di qualunque playlist metal. Se lo meritano eccome.