Un capolavoro senza alcun limite quello con cui gli Enslaved si guadagnano il primato assoluto nel metal nordico. Appare quasi ridicolo parlare di genere o discutere dell'introduzione di nuovi elementi sonori in un'architettura tanto variegata perché l'evoluzione della band è stata talmente imponente da tappare la bocca a qualunque critico. Nella loro lunga carriera i norvegesi non sono mai scesi a compromessi, nemmeno per sbaglio, hanno spostato il loro viking metal verso lande atmosferiche e melodiche anticipando le mosse di colleghi più affermati ed ottenendo sempre esiti brillanti. Il successore di 'RIITIIR' si sviluppa su sei composizioni epiche per quasi un'ora di musica avvincente e ricca di frangenti melodici dilatati che però non inficiano mai l'impatto generale. Gli Enslaved non hanno messo da parte gli esordi black metal e 'Thurisaz Dreaming' ce lo conferma con una violenza elettrica inimmaginabile dai comuni mortali. Il guitar work di Ivar Bjørnson e Ice Dale, rilassato dall'esperienza con gli Audrey Horne, è a dir poco sensazionale eppure non è solo questo a rendere il presente album imperdibile. Quello che dispone 'In Times' tra i lavori in studio più belli dell'ultimo decennio è il suo potere cinematico e mentale. Siamo infatti al cospetto di arrangiamenti imperiosi che spingono il fruitore dell'opera ad uno sforzo intellettuale superiore. Inutile dire che i musicisti in questione sono di un livello tecnico spaventoso ma tra influenze prog ed alcuni passaggi armonici al limite del rock il climax viene raggiunto grazie ad un approccio psicologico estremamente subdolo e efficace. Prendete per esempio 'Building With Fire' o 'One Thousand Years Of Rain'. Ascoltatele una volta, due volte, decine di volta. Non appariranno mai uguali. Elementi nuovi compariranno a sorprendervi quando le avrete già date per scontate. L'incrocio tra le voci di Grutle Kjellson e Herbrand Larsen viene esaltato dai synth ed il mixaggio, effettuato da Jens Bogren ai Fascination Street di Örebro, bilancia alla perfezione ogni componente strumentale rendendolo intrigante anche per il mercato statunitense che rimane da essere conquistato dalla band. Curiosamente, in un album tanto improntato verso il futuro, la title track traccia una linea di continuità con masterpiece del passato quali 'Eld' e 'Isa' e mostra tutte le qualità di potenza e pulizia di un drummer sottovalutato come Cato Bekkevold. Da brividi la conclusiva 'Daylight' che rappresenta per 'In Times' esattamente quello che 'Christendom' rappresentava per 'Icon' dei Paradise Lost. Il tempo secondo gli Enslaved. Impossibile da frenare, mantenere sotto controllo, anche soltanto calcolare.