Ho letto in rete che gli Svin sarebbero la versione danese del Kilimanjaro Darkjazz Ensemble e, con tutto il rispetto per chi la pensa in questo modo, mi chiedo come si possa giungere a certe conclusioni. Probabilmente l'etichetta jazz sperimentale ha confuso qualcuno ma, pur amando il collettivo guidato da Jason Kohnen e Gideo Kiers, il quartetto che aveva già dato alle stampe 'Heimat' e 'Secretly We Are Gay' si spinge a livelli di aggressività molto più elevati con elementi math rock e d-beat che completano il quadro sonoro. Il profilo avanguardistico degli SVIN prevede una rilettura di Sonic Youth e Arvo Pärt con stacchi percussivi variegati e drone psichedelici che si alternano al sax ed al clarinetto di Henrik Pultz Melbye. L'iniziale 'Maharaja' è stata scelta come singolo ed in effetti riassume molto della loro natura artistica, esaltata dalla produzione organica di Jens “Benz” Søndergaard, anche se l'apice compositivo viene raggiunto in occasione della successiva 'Arktis'. A tratti la chitarra di Lars Bech Pilgaard si immola su territori doom mentre altre volte preferisce seguire le tastiere in melodie post rock. La malinconica ed alienante 'Satan' si distingue come un altro passaggio chiave dell'album ed a questo punto i musicisti in questione dovranno dimostrare di meritare un'esposizione all'estero anche dal vivo.