La storia si ripete e qualcuno non mancherà anche stavolta di sottolineare come le oscure narrazioni basate sull’antica civiltà egiziana ed i virtuosismi degli americani siano sorpassati. In questi anni la critica si è divisa sugli album dei Nile, c’è chi ha continuato ad osannarli e chi si è stufato del loro atteggiamento intransigente ed oltranzista. A dispetto dell’accoglienza più o meno buona delle release il pubblico non ha mai voltato le spalle alla band anzi ha continuato a supportarla fino in fondo rendendo ogni tour un successo. Per omaggiare gli appassionati di death metal Karl Sanders e Dallas Toler-Wade si sono presi più tempo del solito e hanno realizzato l’ennesimo concentrato di riff giganteschi, virtuosismi e crudeltà ai massimi livelli con palesi riferimenti a ‘Annihilation Of The Wicked’ ed un impianto strumentale più sporco, diretto e live oriented rispetto a ‘At The Gates Of Sethu’. Anche George Kollias sembra essersi ripreso da un esordio solista non completamente riuscito e picchia sulle pelli come un ossesso contribuendo ad elevare il grado di pathos. Nemmeno il tempo di ammirare l’artwork di Xaay e verrete travolti dall’aggressività tout court di 'Negating The Abominable Coils Of Apep' e 'In The Name Of Amun'. Attualmente il mio pezzo preferito è 'Call To Destruction' ma tra qualche settimana potrei cambiare idea perché ‘What Should Not Be Unearthed’ è un album da ascoltare a più riprese per cogliere tutte le sue intricate sfumature.