Avevo già intervistato in passato Steffen Kummerer ma mai come questa volta è riuscito a trasmettermi le emozioni e le difficoltà legate ad una visione complessa come quella degli Obscura. Questo perché, musica a parte, il progetto in questione si è evoluto fino a quasi deformarsi rispetto alle origini ma l'ha fatto sempre e comunque nel segno della tecnica e della passione. Dopo avere ottenuto due plebisciti con 'Cosmogenesis' e 'Omnivium', i tedeschi si sono presi il tempo necessario per scegliere quale direzione intraprendere, non deludere i propri seguaci ed evitare i soliti paragoni inutili con i Necrophagist. Lo sfaldamento della line-up ha sicuramente complicato la vita alla mente della band che ha in ogni caso saputo circondarsi delle persone giuste e dare alle stampe un altro album monumentale. Durante il processo di scrittura dei brani ha rafforzato il suo rapporto con Linus Klausenitzer, micidiale al basso fretless, per poi chiamare al suo fianco il batterista Sebastian Lanser e, quando l'album era già pronto, il giovane chitarrista Rafael Trujillo. Nelle liriche emergono riferimenti all'opera di Schopenhauer, Goethe e Schelling ma è sufficiente studiare l'etimlogia greca del titolo per comprendere come lo sforzo più grande in fase compositiva sia stato quello di rendere ogni brano epico e unico nella sua essenza filosofica. La produzione esalta chitarra e batteria e le divagazioni prog o jazz arricchiscono l'efficacia di una matrice death scolastica ma letale. 'Sermon Of The Seven Suns' e la title track segnano un'evoluzione sistematica rispetto ai lavori precedenti mentre la performance vocale di 'Ode To The Sun' e l'arrangiamento per archi di 'Weltseele' si distaccano in maniera evidente da quanto pubblicato in passato. Alcuni passaggi sono veramente introspettivi e cupi mentre altri citano i mai troppo incensati Death nascondendo, dietro all'apocalittica copertina, un filo di speranza per il futuro.