Rimpiango i vecchi tempi in cui gli album venivano composti secondo un ordine preciso, nei quali ogni canzone era una poesia che rappresentava il tassello di una visione completata infine dalla copertina. Con l'avvento di internet si è persa questa abitudine, le canzoni vengono fatte circolare in bizzarri file digitali e poco importa la loro collocazione anzi spesso gli incauti ascoltatori se ne fregano di acquistare o scaricare l'intera opera e si accontentano del frammento di cui sono in possesso. I Soen sono della generazione passata e si vede eccome. 'Lykaia' è un concept che lega tra loro tutte le componenti, dall'artwork ai testi, dagli arrangiamenti alla produzione, e si spinge a livelli più elevati rispetto a ‘Tellurian’, confusionario e affrettato. Finalmente tutti i membri di questo supergruppo sono messi nella condizione di mettere in luce il loro potenziale e non a caso il basso di Stefan Stenberg e le tastiere di Lars Åhlund sono in maggiore risalto. Anche la prova di Joel Ekelöf è molto più convincente con ‘Lucidity’ e ‘Sister’ che si distinguono nella scaletta grazie al suo timbro vocale caldo ed al cantato passionale. Marcus Jidell e Martin Lopez sono poi dei fuoriclasse sia quando si muovono in territori sonori cari a Tool e Leprous sia quando riportano alla mente il malinconico sound nordico che ha reso celebri nel mondo Madrugada e Opeth. Il micidiale riff portante dell’opener ‘Sectarian’, l’atmosfera rarefatta di ‘Opal’ oppure i cambi di ritmo di ‘Paragon’ individuano altri momenti chiave di un album che rivendica la lezione degli anni settanta ma cerca allo stesso modo di proporre nuovi spunti in ambito prog metal.