Naturalmente partirei dall’esperienza al SXSW di Austin dove negli ultimi anni gli artisti italiani stanno sempre più facendosi notare. É successo lo scorso anno a Birthh e Platonick Dive, quest’anno a voi, Dardust, Altre di B, Giungla, ecc. Volete raccontarci com’è andata? Che atmosfera avete trovato?
(Francesca) Questa era la seconda volta che venivamo invitati, nel 2011 dovemmo declinare ma quest'anno siamo fortunatamente riusciti ad andare ed è stato bellissimo perchè il nostro disco è uscito in Italia, licenziato da Ala Bianca/Alkemy, proprio mentre eravamo ad Austin. Un bel modo per ricominciare. L'atmosfera è caotica e travolgente e si respira in tutta la città un grande amore e rispetto per la musica in tutte le sue declinazioni. Abbiamo avuto la fortuna di avere un pubblico attento e la nostra performance è stata recensita in maniera entusiastica su alcune riviste di settore americane. Gli incontri sono stati tanti e abbiamo stretto nuove amicizie e probabili collaborazioni future.
Raccontateci anche qualche aneddoto divertente..
(Francesca) Una cosa molto buffa, se non proprio divertente, è che abbiamo fatto amicizia con più di un tassista, e 3 di questi, in 3 giorni diversi, non volevano farci pagare la corsa del taxi perchè eravamo italiani; loro erano immigrati e avevano vissuto in Italia o qualcuno della loro famiglia ci viveva, e volevano omaggiarci. Con uno siamo riusciti a spuntarla, ma gli altri due non hanno voluto in alcun modo del denaro. Non credo ci capiterà mai più una cosa del genere!
Adesso parliamo di ‘Secret Fires’. Chiudendo gli occhi mentre lo ascoltavo mi sono immaginato atmosfere lynchiane ma anche le terre islandesi che ho visitato spesso. Sono lontano dalla verità? Quanto c’è di cinematico nella vostra musica?
(Francesca) Hai ragione, la nostra musica richiama molto certe atmosfere ed è effettivamente influenzata dal cinema. David Lynch è uno dei miei registi di riferimento fin dall'adolescenza e va da sé che le musiche di Badalamenti hanno avuto il loro peso sulla mia giovane psiche, famelica di tutto quello che era 'weird' e non allineato. In generale amo molto il cinema, trovo che sia una forma d'arte magnifica e completa. Cassavetes è un punto di riferimento, così come Kubrick e Jarmush. Zabriskie Point di Antonioni è uno dei miei film preferiti.
Cosa volevate cambiare o migliorare con queste nuove tracce?
(Michele) Abbiamo cercato di andare più a fondo nella nostra ricerca sonora per varcare nuove dimensioni, cercando di creare con la musica delle immagini o perlomeno degli spazi dove l'ascoltatore ha la possibilità di usare la sua immaginazione.
(Francesca) C'è stato anche un confronto più profondo e significativo tra noi tre. Abbiamo lavorato a questo disco per più di 3 anni. Un tempo che può sembrare lungo, soprattutto per la discografia italiana, ma la qualità deve essere sempre più importante della quantità, checché se ne dica.
Il rapporto con Howie B come si è consolidato? Quanti diversi mixaggi dell’album avete ascoltato prima di scegliere quello definitivo?
(Francesca) Collaboriamo in qualche modo con Howie dal 2012, quando remixò la nostra canzone 'Paranoid Park'. Poi ci siamo incontrati di persona nel 2013 e si è offerto di produrre il nostro disco e di farci firmare per la sua label che ha sede a Londra. Da lì è cresciuto e si è sviluppato un rapporto umano e artistico di cui siamo molto felici. Era da tempo che volevamo misurarci con l'esterno, avere una produzione seria e qualcuno da cui imparare. La maturità e l'umiltà vanno di pari passo.
(Michele) Non abbiamo ascoltato più di un paio di missaggi per brano. Howie B ha lavorato prima molto sul balance. Che per lui è fondamentale. Poi si è concentrato sui dettagli. Ha un entusiasmo incredibile e contagioso e ogni volta che ci mandava un mix per approvazione era sempre molto eccitato all'idea di avere al più presto i nostri feedback. Su ogni brano abbiamo cercato e trovato l'approvazione di tutti. Per qualche brano tuttavia ci è voluto di più, mesi a volte. La lavorazione di ‘Hairbrushings’ per esempio è stata lunghetta, abbiamo tentato vari arrangiamenti sul finale, chiesti da Howie B, per poi riapprodare alla versione iniziale. Il disco infatti richiede più ascolti per coglierne le sottigliezze. Una cosa simile è successa per gli archi sul finale di ‘Black/Black/Black’, che sono stati scritti e registrati da Howie B. Non ci siamo trovati d'accordo subito e sono state fatte varie prove fino ad arrivare alla versione attuale.
Una peculiarità della band, oltre alla bellissima e talentuosa cantante, è l’abbinare grande musica con testi di spessore (cosa che purtroppo nel nostro paese non succede spesso). Allora chiedo, nascono prima testi e colori oppure riff e base elettronica?
(Francesca) Ti ringrazio molto per le belle parole che spendi per me. Scrivo in inglese da sempre, studio per migliorare le mie liriche disco dopo disco. Purtroppo il limite linguistico fa sì che in pochi, recensori compresi, si soffermino su questo aspetto, perciò in Italia capita spesso che si parli solo della musica o di come uso la voce. Fortunatamente le cose stanno un po' cambiando e ad ogni modo nelle recensioni uscite all'estero viene dato grande peso anche all'aspetto testuale. In passato spesso le liriche sono nate con la musica, in fase di improvvisazione o a casa quando imbracciavo la chitarra acustica; i nostri primi lavori avevano infatti un approccio più immediato fin dalla fase iniziale di scrittura. Da un po' di tempo il processo è cambiato: prima scrivo e dopo capisco dove inserire i testi. Ma non è una regola assoluta, nelle cose nuove che stiamo scrivendo e sperimentando da un po' di mesi alcuni testi sono stati improvvisati in sala prove e poi affinati a casa, riascoltando i provini.
C’è un particolare momento delle registrazioni in Galles che ricordate con eccitazione?
(Tato) I primissimi momenti, quando siamo arrivati al Giant Wafer studio dopo 2 giorni di viaggio in furgone e abbiamo iniziato a scaricare gli strumenti al buio, fuori da questo studio isolato nella campagna gallese, in mezzo alle pecore.
(Francesca) Il mio è un ricordo molto personale, e riguarda la registrazione della voce di ‘Feels’, un brano a cui sono legata per contenuti e struttura (la prima batteria del demo era acustica e la registrai da sola in sala, un 7/8 improvvisato). Le voci sono state registrate quasi tutte di notte, e ‘Feels’ era una delle prime. Ricordo che registrammo tutta la take ed Howie B alla fine aprì il microfono e disse: 'that was outrageous, that was completely off the mark!'. Una soddisfazione enorme di cui non mi scorderò mai.
(Michele) La massima eccitazione l'ho provata quando ho iniziato a montare la batteria in studio. É lì che ho realizzato davvero che stavamo per registrare! E poi anche quando abbiamo chiuso il planning che avevamo scritto su una lavagna in studio. Barrata l' ultima casella ho capito che era fatta. A questo è seguito l'ultimo ascolto fatto insieme a notte tarda, sdraiati sul pavimento. Un gran viaggio!
Che fuoco brucia dentro a Francesca Bono?
(Francesca) Sono più di 30 anni che cerco di sbrogliare la matassa, so solo che sento da sempre una grande inquietudine di fondo, nonostante io sia una persona molto socievole e all'apparenza solare. Vivo con una necessità impellente e inesauribile di muovermi, di mettermi alla prova, di lottare contro i mulini a vento, perchè è nella fatica e nella costanza che si cela una qualche forma di luce. A volte vorrei dire molto di più ma non ci riesco. Allora suono.
‘Secret Fires’ è in assoluto uno dei migliori album usciti in Italia da tempo immemore. Ci sono altri album recenti, anche tra quelli non troppo conosciuti, che ritenete validi?
(Francesca) Tra le ultime uscite che sono riuscita ad ascoltare sicuramente i nostri concittadini Stromboli e His Clancyness.
Provate a recensire ‘BlackBlackBlack’ e ‘Visions’ per i nostri lettori..
(Francesca) Non ho mai recensito niente quindi sono davvero una “absolute beginner”. Le due canzoni sono connesse e più di altre parlano di un senso di mancanza fisico, parlano il linguaggio del corpo. Il 'non detto' costituisce un universo a parte che desideriamo esplorare. Musicalmente sono diverse e si compensano. Ma le batterie sono state inizialmente concepite nello stesso periodo, quindi esiste un fil rouge che le lega. ‘Visions’ è una delle canzoni per me più soddisfacente da suonare live perchè lascia molto spazio all'interpretazione e alla dinamica.
Quali sono gli altri passaggi chiave dell’album a vostro parere?
(Michele) ‘Hairbrushings’ e ‘Alone With The Stars’ perché sono quelle su cui abbiamo lavorato di più rispetto all'idea originale. Abbiamo tante versioni di ognuna. Gran lavoro sulle dinamiche. Il risultato finale è frutto di un lungo lavoro.
(Tato) ‘Feels’, che ha un tempo dispari in 7/8, ma al suo interno è come se si muovessero due mood diversi, uno più etereo e l'altro più incalzante. Far convivere i due aspetti all'interno dello stesso brano era importante. Due persone diverse possono farsi due viaggi molto diversi ascoltando questo brano. Qualcuno ne coglierà l'aspetto più ritmico, qualcun altro quello più emozionale.
(Francesca) Abbiamo avuto gran discussioni su ‘Birch’, soprattutto io e Michele su come il basso si incastrava sulla batteria, finché Tato se ne è uscito dopo un po' di tentativi con la sequenza di basso attuale. Nel frattempo erano passati mesi e tantissime prove. Ma questo cambiamento ha ribaltato la prospettiva del brano e ha sublimato le nostre aspettative.
La voce di Francesca è davvero incredibile. In cosa è migliorata maggiormente rispetto a ‘Bloodroot’?
(Michele) Francesca ha maturato negli anni un'enorme consapevolezza e focus sulla sua capacità espressiva. Si nasconde di meno, arriva diretta. Non c'è più alcun filtro.
(Tato) Ha acquistato una grande sicurezza nelle sue capacità, ampliandole molto. Ha cercato e trovato il suo vero equilibrio.
Chi è l’autore della foto di copertina? Perché avete scelto proprio quell’immagine?
(Francesca) La foto di copertina è un autoritratto, l'ho scattata io. Amo molto la fotografia e negli ultimi anni ho ripreso amatorialmente a fotografare, soprattutto le persone, che sono il mio soggetto preferito. Lo scatto in questione è stato immediato, non premeditato e non era stato inteso per essere divulgato. Volevo cogliere un mio stato d'animo attraverso un'immagine, e credo che a posteriori quest'ultima sia in perfetta linea col contenuto dell'album. Inizialmente mi creava qualche perplessità mettere il mio volto in copertina, ma forse era destino. La primissima bozza dell'artwork era stata infatti preparata da un fotografo inglese e c'ero comunque io in copertina. Poi le cose non sono andate e abbiamo scelto questa foto, che ho poi consegnato a Marcello Petruzzi (col quale faccio alcune cose con l'acronimo Wasted Walls) che ha curato tutto l'artwork di Secret Fires. Destino vuole che ci sia anche una certa continuità con gli artwork dei precedenti LP, infatti in ‘All Harm Ends Here’ compaiono le mie gambe e piedi, in ‘Bloodroot’ il mio braccio e la mano, e qui finalmente ci ho messo la faccia. Abbiamo chiuso un cerchio. Questo è l'album in cui sono/siamo più a nudo.