Com’è nato il progetto?
Tre di noi facevano parte di un’altra band e ad un certo punto abbiamo espresso la volontà di sperimentare qualcosa di nuovo e fresco. Avremmo potuto cambiare qualcosa con i Varg ma i fan non avrebbero capito così è nata l’idea di creare un altro progetto. Verso la fine del 2017 abbiamo cominciato a mettere da parte del materiale ma eravamo senza batterista. In realtà avendo fatto parte di tante band in passato non pensavo potesse essere così complicato trovare un buon batterista in circolazione. Quando Jacob si è unito alla band sono nati gli Oceans come li conoscete adesso.
Post-metal è uno dei termini musicali che odio di più perché è un’etichetta che può andare bene quasi per tutto. Avevate una visione sonora precisa fin dall’inizio oppure è stato un work in progress?
Un po' entrambe le cose. Sono stato aperto fin dall’inizio ai contributi degli altri membri. Prima sono venute fuori idee post rock e post black metal. Poi abbiamo cominciato a sperimentare retaggi nu metal in varie combinazioni. Questo è avvenuto per tre anni in maniera molto naturale finché non abbiamo trovato la nostra identità sonora.
Qual è la band che senti più vicina al vostro approccio?
Direi i Korn, che amo fin dai primi anni. Riescono ad esprimersi su grandi livelli di intensità e trasmettere emozioni forti sia con la musica che con le liriche. Jonathan Davis è in assoluto il mio cantante preferito. Oltre a loro mi piace segnalare i Meshuggah ed i Prison, una band americana che ho scoperto da poco.
Ti è piaciuto ‘The Nothing’?
Tantissimo. Trovo che sia il migliore lavoro dei Korn degli ultimi dieci anni e meriti un posto nella loro top five.
In ambito post rock invece qual è la vostra influenza più grande?
I God Is An Astronaut che possono vantare degli incredibili muri sonori.
Dal punto di vista lirico quali obiettivi vi siete posti?
Le nostre liriche parlano di tristezza in generale, depressione, suicidio, malinconia e malattia mentali. Sono temi che più o meno toccano tutti noi. L’intenzione è quella di trasmettere un segnale positivo alle persone che soffrono facendo loro capire che non sono sole.
Com’è nato il contatto con Nuclear Blast?
In realtà ci avevamo già provato nel 2017 ma ci avevano rifiutato. Questo ci ha spinto a lavorare con maggiore fermezza e dopo un anno ci abbiamo riprovato. La seconda volta per fortuna è andata bene ma nonostante l’album fosse pronto nel 2018, ha subito diversi ritardi. Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di pubblicare un EP nel frattempo.
Qual è la traccia chiave di ‘The Sun And The Cold’?
In un’altra intervista ho risposto ‘We Are The Storm’ perché contiene un po' tutti gli elementi distintivi del nostro sound: voci pulite, melodie, parti malinconiche ma anche aggressive. ‘Dark’ è forse quella che mostra meglio il nostro approccio lirico ed atmosferico.
Com’è nata l’idea di registrare una cover di Alessia Cara?
L’ho vista su YouTube e ho pensato che il pezzo facesse schifo. Lei è un’ottima cantante ma l’autotune rovinava la sua voce. Il testo però mi è piaciuto parecchio. Mi ha ricordato qualcosa sullo stile di ‘Beautiful’ di Cristina Aguilera: “I am beautiful no matter what they say”. È un messaggio che si addice agli Oceans e cantarla ha rappresentato una bella sfida.
Oltre che un cantante sei un eccellente produttore. Che tipo di sound hai voluto per il disco?
Non è facile produrre il proprio materiale. Non volevo qualcosa di troppo pulito e ho cercato di bilanciare il suono moderno che le band di oggi devono possedere per potere essere competitive con una certa ruvidità anni ‘90.
(parole di Timo Rotten)