Cosa si prova a non potere provare un album bellissimo come 'The Ghost Of Orion'?
Purtroppo abbiamo vissuto un periodo altrettanto terribile prima che arrivasse il pandemia ed il conseguente lockdown. Non voglio dire che eravamo preparati a tutto questo, perché in realtà nessuno poteva esserlo, ma abbiamo sperimentato quella che è stata realmente una continuazione di quel periodo. Le registrazioni di 'The Ghost Of Orion' ci hanno visto separati proprio per questo motivo e non potere suonare dal vivo è sicuramente una tragedia ma per noi gli ultimi tre anni sono stati orrendi nella loro interezza. Adesso che l'album è uscito e siamo bloccati a casa, cerchiamo di promuoverlo nel modo migliore possibile sui social, in attesa di tempi migliori. Noi stessi, come esseri umani, stiamo riassemblando una certa normalità.
Perchè avete deciso di pubblicare un mini in questo periodo?
Per diversi motivi, 'The Ghost Of Orion' è stato rinviato numerose volte e avevamo già deciso di pubblicare il mini, ma con Nuclear Blast abbiamo pensato di lasciare un certo spazio tra le due uscite. Alla fine è andata bene perchè in questo momento tante band dell'etichetta più grosse di noi hanno cambiato i loro piani e così si è liberato spazio. Non è stata una strategia ma semplicemente la voglia di dare ai nostri fan una continuazione dell'album.
L'EP è una gemma oscura della vostra discografia. Ho trovato una connessione immediata con 'The Angel Of The Dark River'. Cosa ne pensi?
L'EP è stato registrato nello stesso periodo dell'album anche se è stato mixato in maniera diversa. Quando abbiamo registrato l'album siamo tornati indietro nel tempo per cercare un suono di chitarra e di batteria migliore e posso dirti che i suoni di 'The Angel Of The Dark River' e 'Like Gods Of The Sun' erano fantastici. Abbiamo pure cercato di rendere il songwriting piu' essenziale quindi probabilmente hai ragione.
Avevate pensare di inserire queste canzoni nell'album e poi avete cambiato idea?
Quando stavamo registrando l'album non sapevamo esattamente cosa sarebbe successo. Alcune canzoni sono cambiare durante le sessioni di registrazione e ci siamo resi conto che l'album era diverso da quello che avevamo pensato. Una volta capito l'atmosfera che avevamo ottenuto, è stato meglio per queste canzoni che venissero pubblicare in un altro frangente. 'The Ghost Of Orion' è un album che riflette il momento drammatico che abbiamo vissuto: la distanza, l'oscurità, la sofferenza e l'incapacità di trovare una soluzione.
La copertina di 'Macabre Cabaret', realizzato da Bunker Artworks, è sul serio molto bella. Quanto è importante la copertina per un album?
Ho sempre pensato che una cover sia molto importante per un album, anche adesso che sempre meno gente compra dischi. Sono cresciuto con dischi come 'The Number Of The Beast', 'The Last In Line' o 'Diary Of A Madman'. Le cover erano fondamentali nell'immaginario che avevo di quelle band incredibili. Adesso una copertina è qualcosa di speciale per chi ancora ama i vinili ed è parte della poesia della musica. Posso però raccontarti una storia che ha del grottesco. Quando abbiamo pubblicato 'Feel The Misery' ti confesso che abbiamo lavorato per mesi alla copertina. L'abbiamo cambiata decine di volte e abbiamo inserito un sacco di messaggi al suo interno. La realtà è che in pochi se ne sono accorti quindi è stato quasi un lavoro inutile.
Che tipo di sound volevate ottenere stavolta?
Non ho alcun problema ad affermare che per 'The Ghost Of Orion' abbiamo copiato 'Rituals' dei Rotting Christ. Adoro quel suono così brutale e si addiceva al nostro desiderio di tornare ad un sound più underground. Per il mini invece volevamo qualcosa di differente e così abbiamo lasciato che Mark Mynett sperimentasse liberamente. Alla fine abbiamo ottenuto un sound pulito ma sempre heavy. La differenza sostanziale tra i due missaggi è che quello di 'The Ghost Of Orion' è il tipico missaggio death mentre in questo caso abbiamo scelto un missaggio metal.
L'intro classica è davvero interessante..
Durante le sessioni di registrazioni abbiamo voluto inserirla per sfuggire dai nostri standard e questi sono i momenti unici che rimangono sempre nella nostra memoria. Non sono pianificati ma semplicemente il risultato di alcune sfide che amiamo accettare.
Ti ho sempre considerato uno dei più grandi chitarristi metal viventi. Specialmente negli anni '90, quando anche voi siete emersi, sono nate numerose formazioni importanti, prima in ambito death doom, poi in ambito gothic ed alla fine anche nel nu metal. Tutte però venivano esaltate soprattutto per le loro voci. É indubbio che in quel periodo siano saltati fuori dei grandi cantanti ma i My Dying Bride mi hanno costantemente stupito a causa del loro incredibile suono di chitarra. Come riesci ad ottenerlo ogni volta?
È una bellissima domanda e prima di tutto ti ringrazio. Il mio approccio è sempre lo stesso: per le strutture base delle canzoni uso la stessa strumentazione di allora e poi sperimento con gli spigoli ed i colori del disco. Con il passare degli anni è normale, e direi pure accettabile, essere influenzato da altre band, così come dallo sviluppo della tecnologia. Quello di 'The Light At The End Of The World' è il suono di chitarra che amo più di tutti eppure quando uscì l'album ci dissero che era troppo underground e che avevamo compiuto un passo indietro. La verità è che non sono mai sceso a compromessi.
Ritieni che 'The Ghost Of Orion' possa diventare un capitolo memorabile della vostra discografia?
Penso che per i fan sarà sempre uno dei nostri apici e il motivo è molto semplice. Quando lo abbiamo scritto eravamo sul serio in una condizione miserabile. Eravamo disperati e abbiamo lavorato duramente per suonare proprio come ci sentivamo.
Il prossimo anno sarà l'anniversario di 'The Dreadful Hours'. Avete in mente qualcosa?
Sono già passati vent'anni. Giuro che non me lo ricordavo. Ci dovremo pensare allora. In questo periodo abbiamo parlato con Peaceville per delle vecchie registrazioni che abbiamo scoperto negli archivi. Si tratta di versioni completamente orchestrate di 'The Cry Of Mankind', che prima o poi verranno alla luce.
Qual è stato il successo più imprevedibile della vostra carriera?
Senza dubbio il tour di supporto agli Iron Maiden. Ancora oggi non ci credo che sia successo. Quando ricevetti la chiamata dal nostro promoter persi la testa.
(parole di Andrew Craighan)