Ciao Mattias, permettimi di definire almeno singolare il fatto che uno dei migliori dischi grunge dell’anno venga dalla Svezia e non da Seattle o comunque dagli Stati Uniti.
Abbiamo cercato di scrivere ‘The Agony Flame’  seguendo la stessa modalità dei dischi passati ma, per un motivo o l’altro, il processo stavolta è stato molto più lungo. Questo ha comportato maggiore tempo per curare dettagli e per sperimentare soluzioni ed arrangiamenti diversi. Abbiamo lavorato ad un pezzo alla volta e consegnato il master all’etichetta solo quando eravamo davvero sicuri che ognuno dei pezzi fosse perfetto per essere riprodotto dal vivo. Non ci siamo fissati alcuna scadenza e ringraziamo Napalm per non averci messo pressione. L’idea è quella di tentare di allargare il nostro consenso fuori dalla Svezia. Un paio di anni fa non ci siamo riusciti, ma ‘Falling From Flame’ è uscito in un momento difficile per tutti. In passato avevamo prodotto un singolo con David Bendeth nel New Jersey per cercare di aprirci quel mercato, ma anche allora evidentemente non era il momento giusto.

Come è nato il contatto con Napalm Records?
Dopo aver pubblicato gli ultimi due dischi con BMG, volevamo un contatto che ci permettesse di suonare di più all’estero. Grazie a loro siamo stati un paio di volte in Germania e l’obiettivo è partecipare a più festival possibili. Saremo sempre legati al pubblico svedese e ovviamente suoneremo anche in patria, ma stavolta lo sguardo è rivolto verso l’estero.

State ricevendo dei feedback da qualche mercato particolare?
In Germania abbiamo ottenuto dei buoni ascolti, proprio perché abbiamo organizzato delle date dal vivo e siamo riusciti a promuovere la nostra musica.

Come nascono le vostre canzoni?
Di solito dalla sala prove dove ci troviamo spesso. Spesso partiamo da un riff di Tomas oppure di Kristoffer e Robert lavora alle parti vocali ed ai testi una volta che la bozza del pezzo è già consolidata. Poi Robert e Chris si occupano della produzione. 

Te lo chiedo perché ‘The Other Side’ è uno dei vostri pezzi più vari in carriera.
Tutto il materiale è molto vario. Ci sono influenze grunge, semplicemente rock, qualcosa di heavy metal e anche pop perché Robert ne ascolta tantissimo. Abbiamo cercato di fissare al meglio quello che sono i tAKIDA in questo momento. Le melodie sono state curate nei minimi particolari ed alcuni riff sono veramente potenti.

Cosa provi quando ascolti i vecchi dischi della band?
Ci sono tante cose che mi vengono in mente. Eravamo giovani e non sapevamo niente della musica. É stato divertente ma naturalmente se registrassi i primi due album adesso cambierei qualcosa. Già con il terzo lavoro ‘...Make You Breathe’ i progressi furono evidenti e, sinceramente, ancora oggi sono sorpreso del successo ottenuto da ‘Bury The Lies’. Non perché non creda in quelle canzoni, ma perché di colpo le radio svedesi che passavano solo pop o rock mainstream cominciarono a girare ‘Curly Sue’ e ‘Handlake Village’.

A quel punto arrivò il tour con Theory Of A Deadman e The Butterfly Effect.
Fu un’esperienza assurda! Con gli australiani passammo delle serate folli. Non avevano mai visto la neve in vita loro! Per noi è normale perché ce l’abbiamo sei mesi l’anno!

Cosa puoi dirci della copertina?
In realtà non ci piace parlare di questi dettagli. Vorremmo che ognuno la interpretasse nel modo più personale possibile. Di sicuro è oscura e potente come le canzoni del disco.

Qual è la tua traccia preferita dell’album?
Ce ne sono diverse molto solide. Forse la migliore è ‘The Loneliest Hour’, che sta piacendo molto in Germania e abbiamo già provato dal vivo con eccellenti risultati. 

Quali sono i vostri prossimi piani?
Saremo in giro in Svezia fino a marzo. Buona parte delle date saranno in semi-acustico e chiameremo il tour The Boxroom Sessions. Poi ci recheremo in Germania ma anche in Austria e Svizzera. Speriamo di poter fissare al più presto una data anche in Italia. 

(parole di Mattias Larsson)