Un sussulto improvviso, una pubblicità che rimane impressa più delle altre, la classica copertina che lascia il segno e finalmente Karin Dreijer Andersson è tornata a pubblicare materiale con il suo progetto solista e ancora una volta è destinata a sorprendere. L’eco di ‘If I Had A Heart’, utilizzata anche come tema principale della serie televisiva ‘Vikings’, non si è affatto placato ma l’impeto compositivo di ‘Shaking The Habitual’, capolavoro assoluto da molti indicato come il testamento spirituale dei The Knife, è stato troppo forte per non condizionare queste canzoni. Undici canzoni che, coincidenza vuole, siano state immesse sul mercato digitale, quasi a tradimento, poco dopo ‘Live At Terminal 5’, la celebrazione di uno dei tour più innovativi degli ultimi tempi. Così ‘Plunge’ - che vede la partecipazione di produttori quali Paula Temple, NÍDIA, Tami T, Deena Abdelwahed, Johannes Berglund e naturalmente Peder Mannerfelt – si distingue fin da subito per elitarietà e raffinatezza, tenta un pallido approccio radiofonico con ‘Wanna Sip’ e ‘A Part Of Us’ e prosegue nella strada dell’identificazione dance-queer che location surrealiste come Stoccolma, Berlino, Mosca e New York sembrano ben rappresentare. Meno BDSM e più trasversale, meno intimità e più desiderio di compiacere chi non teme di vivere un’esistenza parallela. Un verbo politico e spaziale, riprendendo il singolo ‘To The Moon And Back’ che pare citare il Duca Bianco; uno stimolo ad accrescere la peculiarità del processo creativo in risposta alla crisi dell’industria musicale. In quest’ultimo aspetto Fever Ray è quanto di più celestiale si possa chiedere, con i suoi video disturbanti che sembrano volere allontanare il pubblico, le irriverenti movenze industrial-goth ed i retaggi di bjorkiana memoria ma soprattutto con un piglio alternative che nessun altro personaggio del settore electro-pop, techno o IDM pare possedere. ‘Mustn’t Hurry’ cita ‘Deep Cuts’, ‘IDK About You’ è la sua risposta alle ultime tendenze dei dancefloor mentre il violino di Sara Parkman impreziosisce ‘Red Trails’ e spalanca la porta sulla possibilità di realizzare uno spettacolo differente dal vivo. Un altro monile prezioso, non solo in apparenza insanguinato, senza limiti di gender, colore e cultura.