Sinceramente non so quanto possa essere positivo per il genere il fatto che l’album metalcore dell’anno sia della band melodic death proveniente da Orange County, attiva dal ‘98 e facente parte della NWOAHM. Di sicuro i Bleeding Through ci mancavano ed i sei anni trascorsi da ‘The Great Fire’ si sentono tutti nell’economia del suono e nello spessore del songwriting. Al di là della compattezza mostruosa dell’album ascoltandolo si ha l’impressione che Brandan Schieppati abbia accumulato con pazienza e intelligenza il materiale migliore possibile e adesso lo rilasci come se la formazione non avesse smarrito l’energia e l’entusiasmo degli esordi. In realtà non è così, sa benissimo che il mercato discografico non è più lo stesso e che la line-up in tour potrebbe mutare. Ciò non toglie che ‘Love Will Kill All’ sia un momumento di riff e stacchi ritmici formidabili e che il quintetto si levi più di una soddisfazione asfaltando decine e decine di band giovani e meno giovani con pezzi micidiali quali ‘End Us’, ‘Cold World’ o ‘Set Me Free’. ‘Dead Eyes’ richiama alla mente il periodo ‘The Truth’/’Declaration’ mentre ‘No Friends’ e ‘Slave’ sono due inni che non mancheranno di essere idolatrati dai fan dal vivo. Non importa quello che ci dirà il futuro, i Bleeding Through sono vivi e la scena li ringrazia per questo.