Una delle formazioni più inclassificabili al mondo torna nei negozi con il solito incrocio tra americana, musica latina, un pizzico di elettronica ed i dettami dell’indie rock ovviamente sottomessi alla propria volontà. Da Tucson, Arizona alla California del Nord, in uno studio realizzato materiali in legno recuperati da un cantiere navale, il passo non è così breve come si possa credere ma Joey Burns e John Convertino hanno saputo fare meglio di ‘The Edge Of The Sun’ e toccare un pò tutti quelli che sono i loro ambiti musicali senza annoiare. In teoria ‘The Thread That Keeps Us’ potrebbe essere visto come una sorta di riassunto di quanto pubblicato in precedenza ma con tanta carne al fuoco e inediti di qualità (‘Bridge To Nowhere’ e ‘Another Space’). Niente compromessi anche stavolta e niente liriche banali. Al contrario l’approccio verbale è decisamente più aggressivo e ciò, almeno in apparenza, contrasta con linee melodiche deliziose quali ‘Thrown To The Wild’ e ‘Musical Box’. Quando poi la band si muove su territori più standard, vedi il blues catartico ‘Dead In The Water’, difficilmente sbaglia qualcosa.