La dissoluzione dei propri ideali è qualcosa con cui spesso gli artisti devono confrontarsi. L'esperienza solista di tre anni fa, giunta nei negozi a seguito della collaborazione con Jonas Renske dei Katatonia, ha arricchito Bruce Soord, una carriera vissuta ai margini del successo commerciale, che già con l'ambizioso 'Your Wilderness' era riuscito a riportare la propria band post-Vulgar Unicorn alle vette espressive di 'Tightly Unwound' e 'All Is War'. 'Dissolution' conferma uno stato di grazia compositiva ed è anche il secondo album con Gavin Harrison – batterista di Porcupine Tree, King Crimson e Claudio Baglioni – dietro le pelli. L'artwork curato dall'agenzia di design Stylorouge (Pink Floyd, Blur e David Bowie) ben incarna il concept lirico basato sulla disintegrazione delle relazioni e la rovina del tessuto sociale moderno. Il leader è sempre bravissimo a miscelare retaggi prog e influenze pop con l'amore dichiarato per i Radiohead e Steven Wilson ('All That You’ve Got'), dimostrando di potere stare ancora alla grande in un catalogo ambizioso come quello di Kscope ed allo stesso tempo di ambire a risultati economici di rilievo. Oltre al singolo 'Far Below', lasciano il segno 'Not Naming Any Names' e 'Try As I Might', che si fissano in testa come i migliori episodi di 'Someone Here Is Missing' e 'Magnolia', ma anche 'Threatening War' e 'White Mist' (inevitabile ritrovarci qualcosa di 'Anesthetize' dei Porcupine Tree), che sorprendono per fluidità nonostante la loro lunghezza.