Un’evoluzione sonora gigantesca quella che ha accompagnato i californiani da ‘Trascend Reality’ a ‘Dreamcatcher’, ispirati ai classici dell’horror e autori di un technical deathcore personale e potente. Le influenze di The Dillinger Escape Plan, Meshuggah e Cynic sono state mitigate con un sound più originale e elaborato, capace di invadere territori djent e math ed allo stesso tempo di produrre almeno un paio di singoli di grande respiro melodico. Assieme a Jamie King (Between The Buried And Me, The Contortionist) sono state completate undici tracce che vedono la partecipazione di Brian James dei Fallujah, anche loro nei negozi a brevissimo con ‘Undying Light’, Mike Semesky di Intervals e The Haarp Machine e Jamie Hanks degli I Declare War. A brillare sono però i singoli componenti della band tra cui Alex Green, mastino alla voce abile a mostrare tutta la sua duttilità e potenzialmente un crack dal vivo, Sean Swafford e Jordan Rush, duo di asce che non nasconde la propria passione per Death e Testament (non a caso vengono dalla Bay Area) e alterna reminiscenze free jazz, ritmiche sincopate e assoli al fulmicotone in episodi monumentali quali ‘Before The Eons’ e ‘The Ritual’. Non ancora al livello di Thy Art Is Murder e Letters From The Colony ma davvero poco ci manca.