Perdere il cantante dopo dieci anni di attività poteva rappresentare una mazzata decisiva sulle sorti di una band che con ‘The Flesh Prevails’ e ‘Dreamless’ era riuscita ad imporsi nello scenario progressive death o deathcore che dir si voglia. Per una volta dei musicisti ancora giovani, o comunque non arrivati, si sono fatti consigliare bene e non hanno puntato su una soluzione di comodo piuttosto sulla persona che, per voce e attitudine, si addiceva meglio ad una proposta tecnica, elaborata ma ugualmente diretta ed emozionale. Così, invece di scegliere un frontman collaudato o già famoso, i Fallujah hanno offerto a Antonio Palermo, in precedenza negli Underling, il posto lasciato libero da Alex Hofmann e hanno fatto centro. ‘Glass House’ e ‘Last Light’, tra le tracce migliori assieme a ‘Sanctuary’, inaugurano una scaletta ottimamente prodotta dal chitarrista Scott Carstairs assieme a Mark Lewis e la quale profondità lirica è ben evidenziata dall’artwork realizzato da Nick Keller (The Black Dahlia Murder). Spiccano anche ‘Eyes Like The Sun’ e ‘Departure’ che mettono in luce la duttilità del drummer Andrew Baird. I vari The Faceless, Rivers Of Nihil, Aversions Crown e Rings Of Saturn sono avvisati.