Dopo l’ottimo ‘Walk The Plank’ i punk rockers di Orange County si sono presi quasi quattro anni di tempo per confezionare il migliore album possibile e non sfigurare al cospetto delle formazioni più giovani che alimentano una scena californiana che ha vissuto momenti migliori. La formula del gruppo guidato da Ali Tabatabaee non è cambiata e, per qualcuno suonerà forse come una sorpresa, funziona come ai tempi di ‘Playmate Of The Year’. Magari non sarà più l’epoca dei party selvaggi con le conigliette di Playboy o dei video in piscina tra culi al vento e tette sproporzionate, ma gli Zebrahead infilano una serie di potenziali singoli da urlo e almeno la prima parte di album è veramente una bomba. Si parte fortissimo con ‘When Both Sides Suck, We’re All Winners’ costruita su un riff alla Death By Stereo, guarda caso dietro la console c’è Paul Miner, ma anche ‘ All My Friends Are Nobodies’ e ‘We’re Not Alright’ non concedono tregua all’ascoltatore con il rapper in grande forma e Matty Lewis, ex Jank 1000, sempre al suo fianco. ‘Chasing The Sun’ e ‘Ichi, Ni, San, Shi’ sono forse i pezzi che ricordano più gli anni ‘90 mentre ‘Take A Deep Breath (And Go Fuck Yourself)’ è un attacco alla falsità dei media molto più profondo di quello che ci saremmo mai potuti attendere da un combo che ha sempre puntato sul divertimento. In chiusura un altro pezzo che dal vivo promette di fare sfaceli come ‘Bullet On The Brain’, esaltato dal giro di basso di Ben Osmundson. Eccellente il missaggio di Kyle Black ed in generale i suoni freschi e moderni di questi musicisti che non ne vogliono sapere di mollare la presa. I fan della prima ora approveranno in maniera incondizionata ma, vista la bontà del materiale in questione, non mi stupirei se ‘Brain Invaders’ permettesse loro di guadagnare consenso giovanile.