Il duo svedese torna nei negozi a quattro anni circa dal suggestivo ‘The Rifts’ dimostrando di avere raggiunto la maturità artistica ed una piena consapevolezza dei propri mezzi. Il post-rock di Erik Nilsson e Jakob Berglund si distingue per il forte legame con la Natura scandinava, suggerito già dal titolo, e con le ambientazioni industriali e metal dei Cult Of Luna. Le tre tracce in questione superano i dodici minuti di durata e si avvalgono delle parti di batteria e del missaggio di Karl Daniel Lidén – in passato attivo con Crippled Black Phoenix, Breach e Bloodbath – oltre che dell’organo a pipe di Minna Heimo, della viola di Samuel Lundström e del basso di Anders Carlström. La strumentale ‘Blackout’, che inaugura la scaletta’, è il riflesso dell’influenza di formazioni del calibro di Mono e Mogwai ma anche della ricerca di un suono più sinfonico, caldo ed avvolgente. Le seguenti ‘The Woods’ e ‘An Heir To The Throne’ sono molto più cerebrali e si muovono tra momenti di quiete e stacchi caotici, reminiscenze doom e cantato ipnotico. Un album che trasmette veramente la sensazione di trovarsi immersi in una foresta buia e non riuscire ad intravedere uno spiraglio di luce e liberarsi tra la fitta vegetazione. Quando il silenzio si riappropria dello stereo si percepisce un metaforico grido di liberazione e l’esigenza impellente di riprendere l’ascolto dall’inizio. In un periodo di transizione per il genere, in attesa di capire in quale direzione di sposteranno Sigur Rós e Godspeed You! Black Emperor, realtà come questa permettono di credere ancora, con forza e lucidità, in una ricerca sonora atta a sconvolgere quelli che sono gli standard del rock moderno.