Possiamo individuare almeno un paio di fasi nella carriera dei norvegesi. La prima è naturalmente quella che fa capo a Euronymous e che, vicende macabre dell’Inner Circle a parte, ha visto gli autori di ‘De Mysteriis Dom Sathanas’ gettare il seme del verbo black metal e contribuire a diffonderlo nel mondo. La seconda è iniziata sostanzialmente con ‘Grand Declaration Of War’ e ha visto la band intraprendere un percorso di ricerca e sperimentazione, volto a spingere sempre più avanti i limiti di un genere che, almeno agli inizi, si distingueva per intransigenza e rigidità. Necrobutcher e Hellhammer guidano l’assalto dagli abissi più cupi che si possa immaginare ma ormai da tempo Teloch ha preso le redini del songwriting e anche se ‘Daemon’ non può essere classificato come puro black metal, la sua materia malvagia e scevra da compromessi non potrà che allietare gli appassionati dell’oscuro. Rispetto a ‘Esoteric Warfare’, che seguiva un concept preciso, il nuovo album, impreziosito dalla copertina di Daniele Valeriani (Lucifer’s Child, Dark Funeral), non prescinde da alcuna regola e vede i cinque misurarsi con tracce dall’impatto deflagrante ma anche altre più lente, pesanti e monolitiche. I suoni ricordano ‘Chimera’ ma con un afflato cinematico-atmosferico molto più potente e Tore Stjerna ha fatto di tutto per preservare l’essenza di questa leggenda del metal estremo, che ritroviamo in splendida forma. Oltre alla conosciuta ‘Bad Blood’, in scaletta spiccano ‘Malum’, ‘Of Worms And Ruins’ e ‘Everlasting Dying Flame’, che pare una versione aggiornata degli Emperor, così come le allucinate reprise di ‘Evil Dead’ dei Death e ‘Disgusting Semla’ dei Morbid.