Premesso che parlare della scena indipendente anglosassone in questo momento sarebbe come parlare di fisica quantistica, la band originaria di Brighton è sicuramente tra gli esponenti più interessanti. Non perché sia portatrice di chissà quale novità stilistica e nemmeno perché Dana Margolin sia più figa delle starlette americane. Niente di tutto questo. Semplicemente i Porridge Radio hanno scritto un singolo meglio dell’altro: ‘Give/Take’ era meglio di ‘O’ Christmas’, ‘Don’t Ask Me Twice’ era meglio di ‘Give/Take’ e ‘Lilac’ meglio di ‘Don’t Ask Me Twice’ e così via. Un po' come funzionava trent’anni fa, anche se non ci siamo abituati. Così i Porridge Radio sono riusciti a costruirsi una credibilità artistica e la fanbase, grazie a performance live superiori alla media, si è allargata. La ragazza, cresciuta col nomignolo di The Cosmic Sadness, ha capito che aveva bisogno di una band e si è presa con sé la bassista Maddie Ryall, la tastierista Georgie Stott ed il drummer Sam Yardley, anche se è sempre la sua voce a fare la differenza. In ‘Sweet’ pare di essere al cospetto degli Yeah Yeah Yeahs appena usciti dall’oltretomba ed in generale i suoni sono piuttosto lo-fi e reminiscenti della seconda era dello shoegaze britannico. A metà del disco si trova ‘Pop Song’ ed in questo pezzo c’è molto del desiderio dei Porridge Radio di farsi beffe della concorrenza.