Per nutrire profondo rispetto nei confronti di Dez Fafara mi è stato sufficiente essere sotto palco al mitico concerto dei Coal Chamber in una vecchia edizione del Gods Of Metal con Pantera e Black Sabbath. Nel corso degli anni però ho anche imparato ad apprezzarne la maturità delle scelte, l'attitudine e l'abilità nel rendere i suoi album sempre nuovi e diversi tra loro. Sia con i Coal Chamber che con i DevilDriver, non ha mai pubblicato due volte di fila lo stesso album e molto raramente ha seguito le mode o cercato di aggrapparsi a qualche trend di passaggio. Dopo aver imposto la band in questione sulla scena groove metal e melodic death, con dischi monumentali come 'The Fury Of Our Maker’s Hands' e 'Pray For Villains', ha cercato ancora una volta di cambiare rotta e spiazzare addetti ai lavori e pubblico. Prima la raccolta di cover country 'Outlaws 'til the End: Vol. 1' e adesso un ottavo lavoro di inediti, a quattro anni da 'Trust No One', che vede misurare i DevilDriver con riff angolari, disegni armonici d'effetto ('Keep Away From Me') e pure la voce pulita ('Wishing'). Al suo fianco il chitarrista di mille battaglie Mike Spreitzer, l'altro chitarrista Neal Tiemann e una sezione ritmica da paura, formata dal batterista Austin D'Amond e dal bassista Diego Ibarra. Il materiale è stato prodotto da Steve Evetts, che dall'alto della sua esperienza ha saputo rendere più heavy che mai le parti heavy e più dark che mai arrangiamenti oscuri come 'Nest Of Vipers' e 'Dealing With Demons'. Il figlio di Dez, Simon Blade, appare in 'You Give Me A Reason To Drink' e la chiusura è un omaggio nemmeno troppo velato ai Gojira ('Scars Me Forever'). Niente male davvero in attesa di ascoltare la seconda parte che è stata annunciata ancora più aggressiva e letale.