Il font di Babylon Berlin in una copertina piuttosto anonima ed un approccio decisamente più essenziale caratterizzano questo nuovo lavoro in studio degli svedesi che ha tutto per ottenere un eccellente riscontro, non solo nel vecchio continente ma pure oltreoceano. La curiosità vuole che ‘Echoes From A Mass’ sia il disco meno Kyuss-oriented della storia del gruppo nato per volontà di membri di Dozer e Death Cleaner. Sembra quasi che Tommi Holappa abbia preso di mira un certo periodo dei Clutch ma allo stesso tempo il legame con le radici è mantenuto saldo. A rendere notevole il successore di ‘Hear The Rivers’ sono un songwriting più dosato e vincente, la prestazione vocale di Arvid Hällagård ed il mixaggio di Karl Daniel Lidén è stratosferico. In passato probabilmente un pezzo come ‘Tides’, che apre la scaletta in maniera clamorosa, i Greenleaf non avrebbero mai potuto scriverlo, il frontman esalta la dimensione ipnotica ed evocativa delle linee vocali e l’ex membro, che ricordiamo dietro la console pure con Crippled Black Phoenix e Katatonia, ha saputo spingere il materiale su un livello superiore. Spettacolari i groove di ‘Needle In My Eye’ e ‘March On Higher Grounds’ e singolare la chiusura, tra Desert Session e allucinazioni cinematografiche, di ‘What Have We Become’.