Quando gli americani hanno iniziato la loro avventura nell'ambiente della musica era difficile immaginarsi che il mondo sarebbe diventato il metaforico ring di un concentrato così denso di violenza fisica e verbale. Era difficile immaginarsi un mondo come questo così come era difficile immaginarsi una longevità del genere in ambito estremo per il gruppo guidato da George “Corpsegrinder” Fisher – letteralmente spaventoso in 'Inhumane Harvest' e 'Ritual Annihilation' - che non molla la presa di mezzo centimetro e continua a sfornare lavori in studio apocalittici, che schiacciano in maniera insolente ed implacabile la concorrenza più giovane. Al cospetto di tracce formidabili quali 'Murderous Rampage' e 'Necrogenic Resurrection' viene veramente da chiedersi come si possa anche solo concepire un impatto sonoro del genere e l'ingresso nei ranghi di Erik Rutan (Morbid Angel, Hate Eternal) ha accentuato paurosamente le dinamiche, oltre ad elevare il tasso tecnico. La sua ascia e quella di Rob Barrett ruotano vorticose, regalando riff e assoli da capogiro, Alex Webster percuote le corde del basso proprio come se trent'anni di death metal non fossero esistiti e la doppia cassa di Paul Mazurkiewicz non concede tregua. Questo non è solo un album, uno dei tanti capitoli di spessore di una discografia invidiabile, ma la più pura esaltazione della violenza che si possa trovare in circolazione.