Nelle note di presentazione di questo secondo disco dei DC si leggono le varie competenze di Andrea Dicò e Francesco Carbone e rispettivamente batteria, oggetti, walkie-talkie, vibratori, giocattoli a molla e campionamenti per il primo e chitarra, radio, carillon, pedali e loop istantanei per il secondo. Ciò dimostra come l'estrosa coppia si sia divertita a dare vita ad un ibrido tra elettronica e jazz che apparisse meno identificabile possibile ma allo stesso tempo funzionale. 'Take The Long Way Home' segue di circa due anni un esordio omonimo accolto in maniera ottima dalla critica e di fatto prosegue nella medesima direzione sonora, facendo sì che l'ascoltatore abbia ancora meno punti di riferimento e possa godere del talento dei due musicisti, mettendosi le cuffie e chiudendo gli occhi. Quella che i DC hanno realizzato è una vera e propria esperienza sensoriale e, al di là dell'utilizzo di walkie-talkie e vibratori oppure dell'abuso di Augmentin, la componente psichedelica è cresciuta e le dissonanze in cui capita di imbattersi di frequente creano un tappeto atmosferico niente male. Improvvisazioni elettroacustiche per le vostre notti insonni.