L’intervista che leggerete su queste pagine con Ali Richardson è stata davvero interessante e non solo perché il batterista degli scozzesi ha molto da dire, ma perché è stata l’occasione per riflettere sul futuro della band e sullo stato attuale dell’industria musicale. Questo è un disco molto importante per i Bleed From Within. É inutile girarci intorno. Il passaggio da Century Media a Nuclear Blast ed i due anni di sospensione dell’attività live hanno contribuito a creare una “frattura” profonda col passato e infatti ‘Shrine’ pare il prodotto di una band totalmente nuova. Non si tratta solo di freschezza, perché il suono dei Bleed From Within è sempre stato piuttosto dinamico e moderno. Sto parlando di varietà compositiva, desiderio di sperimentare e mettere alla prova l’apertura mentale di tutto il panorama melodeath e metalcore. ‘I Am Damnation’ inaugura la scaletta con un giro armonico vagamente orientaleggiante e retaggi dei Parkway Drive mentre ‘Sovereign’ e ‘Levitate’ sono all’esatto opposto. La prima è la classica traccia che i fan si sarebbero aspettati dagli autori di ‘Humanity’ dopo un periodo di frustrazione e isolamento forzato mentre la seconda una traccia che spinge la formazione guidata da Scott Kennedy a livelli mai raggiunti in precedenza. L’arrangiamento è superbo, la linea melodica vincente e il singolo perfetto per conquistare il mercato americano senza provocare delusione nei seguaci del Vecchio Continente. ‘Flesh And Stone’, epica e cinematica ma ugualmente aggressiva, è un’altra sorpresa in scaletta, come del resto la conclusiva ‘Paradise’, mentre ‘Invisible Enemy’ e ‘Killing Time’ si avvalgono di una componente elettronica superiore rispetto al resto del materiale. A chiunque possa pensare pure solo per un istante che i Bleed From Within si siano ammorbiditi, ci pensa poi ‘Shapeshifter’ a mettere le cose in chiaro. Dal vivo sarà uno spettacolo.