I Bush sono il classico esempio di band che riesce a cadere sempre in piedi. Hanno avuto la loro notorietà a metà anni novanta quando i riflettori sul grunge si erano spenti da qualche tempo ed hanno campato di rendita con un paio di album buoni, ma mai epocali. Dopo le varie crisi che si sono materializzate a cavallo dei due secoli, sono ritornati in corsa con una line up rivoluzionata e con una serie di dischi similari che, però, hanno goduto di passaggi continui nelle radio e televisioni a tema, perché il loro leader, al secolo Gavin Rossdale, tutto sommato, qualche singolo discreto lo riesce ancora a piazzare. “The Art Of Survival” è un lavoro che non si discosta dalle ultime fatiche uscite a nome Bush, pieno come è di atmosfere simil-grunge e buie ed in cui non mancano le classiche melodie affascinanti che, comunque, ti prendono come dimostrano brani come “Slow Me” e la stratosferica “Kiss Me I’M Dead”, con quest’ultima che non avrebbe sfigurato quando gli inglesi si facevano notare come proposta antitetica a quella dei connazionali Oasis e Blur. “Heavy Is The Ocean” è, invece, qualcosa di trito e ritrito che potrete ritrovare in qualsiasi loro produzione, mentre le finali “Gunfight” e “1000 Years” sono dei veri e propri riempitivi che, scommettiamo già da ora, i nostri non si sogneranno minimamente di suonare in concerto. C’è anche da dire che il tono di questo platter è abbastanza tosto e intriso di parti elettroniche (“More Than Machines”), ma sempre con un orecchio rivolto verso il ritornello di impatto e da classifica (“Human Sand”). Ci sono anche dei momenti in cui le chitarre si ribassano proiettandoti verso quello stile tanto caro agli esponenti del new metal (“Identity”), pur non conservandone la classica rabbia insita, ma si capisce che il loro è un modo per cercare di buttare più roba nel calderone. Probabilmente centra anche l’ingresso in pianta stabile, ormai da anni, dell’ex Helmet Chris Traynor, con il quale il leader dei Bush mise su qualche tempo fa il buon progetto Institute, passato, però, sotto traccia e che ha reso ancora più americano il sound del quartetto. E’ altrettanto innegabile che il tempo stia passando anche per Rossdale e soci che continuano a tenersi aggrappati alle proprie solite idee e a una serie di canzoni che non prendono o che ti danno l’idea di essere belle solamente per cinque minuti. Dopo già le hai dimenticate!