Non solo ‘Forest City’ è un album magnifico, ma dimostra come la discografia di un’artista possa essere vista spesso come un percorso di studi, un susseguirsi di esami e di esperimenti fino al raggiungimento dei propri obiettivi. Prima Maria Chiara si è trasferita nel Regno Unito, ha studiato al London Centre of Contemporary Music e si è diplomata in jazz alla Middlesex University, proprio il giorno prima di partire in tour con i These New Puritans. Una serie di passaggi che inevitabilmente le hanno segnato la vita e la carriera, ma soprattutto le hanno insegnato che la musica non è solo di un genere. Una voce che ti rapisce dentro, commistioni con elettronica e post-rock e una libertà compositiva che raramente percepiamo in musicisti tanto giovani, segnano questo terzo lavoro destinato a consacrarla a livello internazionale. I suoni, a cui hanno contribuito i produttori In A Sleeping Mood e Alex Killpartrick, sono spettacolari e il dualismo tra Natura e città viene alimentato da visioni organiche e ritmiche urbane. In scaletta si passa dal jazz alla neoclassica, da passaggi di stampo moderno ad altri frangenti in cui le note di pianoforte o alcuni sussurri vocali tracciano un legame col passato. Un viaggio di inaudita bellezza, che Maria Chiara compie con il trombettista Christos Stylianides ed il batterista Riccardo Chiaberta. Miryam Solomon ha prestato la sua voce per ‘Bloossom’ e la fotografia di Alexandra Waespi in copertina descrive bene lo stato di allucinazione e decadenza che si prova ascoltando il materiale. Una prova di maturità dopo ‘Hidden Seas’, e una ricerca che si è mossa nella direzione della semplificazione e della struttura canzone, rendendo più accessibile un talento smisurato.