Gli svedesi ci hanno fatto attendere nove anni. Non che gli stacchi tra i loro lavori in studio fossero mai stati brevi anche in passato, ma in nove anni può veramente succedere di tutto. Specialmente dopo un album come ‘The Perfect Cult’, che aveva rasentato gli abissi in termini di liriche ed atmosfere. L’apertura sinfonica ed il ritmo marziale di ‘This Is’ sono il modo migliore per approcciarsi a questo nuovo album che a differenza degli altri è costruito più sulle canzoni che su un’ambientazione specifica. É evidente che in tutto questo tempo le canzoni si siano sviluppate in modo differente tra loro e sono la paranoica voce di Andreas "Whiplasher Bernadotte" Bergh e le tastiere di Emil "Nightmare Industries" Nödtveidt – responsabile anche della registrazione della produzione al Black Syndicate di Stoccolma - a caratterizzare ancora una volta il sound letale del quartetto. Arriva ‘Midnight Party’ (“I WANT YOU… I WANT YOU HERE...”) ed è impossibile non pensare alla più totale decadenza di una metropoli qualsiasi, tra alcol, cocaina, balli sfrenati, spogliarelli e pratiche sadomaso ripetute fino all’alba. In tal senso il video, girato tra gli altri da Peder Carlsson dei Backyard Babies con ospiti illustri come Pepper Potemkin dei The Heard (il progetto parallelo di Skinny), Izzy Scarecrow e l’ex Thundermother Emlee Johansson ha reso bene l’idea. Per certi versi ‘Midnight Party’ (“second by the second and minute by the minute, you are alone… you are on your own…”) è il manifesto con cui i quattro si sono messi alle spalle un periodo cupo e hanno rimesso in primo piano i valori di ‘Termination Bliss’. La title track e ‘The Infrahuman Masterpiece’ sono probabilmente gli episodi più legati alla release precedente mentre ‘Anti All’ e ‘The Churches Of Oil’ sono le tracce-simbolo della nuova era del gruppo. Il mixaggio è stato affidato a Jay Ruston (Stone Sour, Avatar) e il pezzo che ne ha più beneficiato è forse ‘Angel Of Fortune And Crime’, con i suoi tempi rallentati e le voci filtrate che lasciano maggiore spazio a chitarre e basso. In scaletta non mancano neppure omaggi a quella “synthethic generation” che, esattamente vent’anni fa, fece scalpore in tutto il mondo (‘Atomic Prayer’) ed un altro grande pregio di ‘Everything Destroys You’ sta nella capacità di rileggere l’evoluzione della musica industriale, fottendosene realmente dei generi o delle mode. Qui troverete di tutto, dall’ebm a Manson, dagli anni ‘80 alle commistioni con lo swedish death che imperava a fine anni ‘90, e tutto quanto ha un marchio indelebile. Quello dei Deathstars, una band unica che dovrebbe vendere milioni di copie e guardare tutti dall’alto verso il basso. Vi dico solo che li rivedremo in Italia con i Priest, tornati l’anno passato col clamoroso ‘Body Machine’, quindi preparatevi al peggio..