Cambiano gli addendi in casa Damn Freaks con gli ingressi dell’ex chitarrista dei Dokken Alex De Rosso e del cantante Giulio Garghentini (Dark Horizon), ma il risultato rimane sempre quello, ovvero la creazione di musica di pregio che strizza pesantemente l’occhio all’hard rock che tanto andava di modo negli anni ottanta. Nelle dieci canzoni di “III” c’è tanto mestiere, ma anche moltissima qualità, determinata da un songwriting di prima scelta che contribuisce a non annoiare, ma a riascoltare un album che ha pochi punti deboli. La militanza di De Rosso nei Dokken si nota da subito, tanto che molti brani non avrebbero sfigurato nell’ultima produzione della band americana. “Crazy Ride”, ad esempio, ha un andamento viaggiante che lascia in balia della melodia l’ascoltatore, così come “Damn Burning Mercy” che poteva essere un estratto di “Back For The Attack”. Garghentini, poi, non fa rimpiangere per nulla un fuoriclasse come Meille e, visto il tipo di canzoni prodotte, sembra essere il cantante ideale per la versione Mark II dei Damn Freaks. Ci sono momenti molto radio oriented, come “My Time Has Gone”, “Walking The Wire” e “Walking In The Sand” che hanno, purtroppo, il difetto di essere state scritte in un periodo storico come quello attuale e non quando queste sonorità andavano forte e dominavano le classifiche, soprattutto quelle a stelle e strisce. Il viaggio in cui ci portano i nostri connazionali è sicuramente nostalgico e ha il merito di andarci a far riascoltare dischi come quelli dei summenzionati Dokken, ma anche dei primi Bon Jovi, per capire come a metà anni ottanta si sia stati fortunati ad essere investiti da un’ondata di rock che non poteva essere banalizzata se solo si prendeva in esame il discorso legato all’immagine. In pratica, sotto il vestito c’era di più e i Damn Freaks con questo lavoro ce lo ricordano ampiamente, andando ad omaggiare artisti che hanno dato tanto alla causa. Disco di classe e sopraffina qualità.