La pandemia, così come per tanti artisti, è servita ad Alice Cooper per chiudersi nel proprio studio casalingo e scrivere musica come se non ci fosse un domani. Il rocker ha accumulato così tanto materiale che ha dovuto suddividerlo all’interno di due dischi, il cui primo (“Road”) esce proprio in questi giorni. L’uomo di Detroit, per l’occasione, ha voluto che a suonare con lui ci fosse la band che lo accompagna da tempo on the road ed il risultato che ne è venuto fuori è assolutamente piacevole, visto che si tratta di un vero e proprio viaggio all’interno della storia del rock, con omaggi, più o meno evidenti, a band che hanno segnato la nostra musica. Si parte con il singolo “I’m Alice” dove le chitarre suonate da Nina Strauss e Ryan Roxie ricordano quelle di Jerry Cantrell nel suo ultimo periodo con gli Alice In Chains post Layne Staley. Poi è tutto un tuffo nel passato, perché qui troviamo i Mott The Hoople nell’ottima “Road Rats Forever”, i Guns di Use Your Illusion in “Go Away”, gli Aerosmith di “Permanent Vacation” in “All Over The World” e “Big Boots”, i Black Sabbath in “The Big Goodbye” e anche i ZZ TOP in “Rules Of The Road”. L’aspetto più intrigante e significativo, poi, sta nelle canzoni che crescono lentamente, visto che al primo ascolto “Road” lascia davvero qualche perplessità. In realtà se si mette in heavy rotation il disco ci si rende conto che Alice e il mitico produttore Bob Ezrin ci hanno lavorato alacremente non lasciando nulla al caso. In alcuni casi, addirittura, si sfocia verso l’alternative metal dei nostri giorni con la potentissima “White Line Frankestein” che potrebbe rappresentare l’anello di congiungimento tra passato e presente. Il finale, poi, prevede anche una cover di “Magic Bus” degli Who che si differenzia dalle altre riletture fatte in passato, visto che vi è un notevole assolo di batteria di Glen Sobel che è un vero e proprio omaggio a Keith Moon, amico storico di Alice Cooper negli anni settanta.