Un titolo emblematico (“The Long Goodbye”) che non lascia dubbi o interpretazioni di sorta. Con questo disco i Candlebox celebrano la loro trentennale carriera e danno l’addio alle scene musicali, visto che il cantante del gruppo, Kevin Martin ha deciso di voltare definitivamente pagina. La storia di questa band che arriva da Seattle è particolare. Nei primi anni novanta, complice l’ascesa del grunge, è riuscita con il proprio disco d’esordio ha vendere oltre quatto milioni e mezzo di copie nei soli Stati Uniti d’America. Poi, non appena sono calati i riflettori sulla mitica città del nord west del Pacifico, anche per loro sono iniziati i tempi duri che hanno portato allo scioglimento dopo qualche lavoro passato sotto traccia, salvo poi ricadere nella tentazione della reunion avvenuta nel nuovo secolo. Con questo album i Candlebox propongono musica onesta che prende a piene mani dalla tradizione alternativa degli anni novanta. L’iniziale e veloce “Punks” è una sorta di omaggio alle radio college a stelle e strisce che tanto erano influenti proprio in quel periodo d’oro dell’alternative. “Elegante” è una ballata in puro stile Live (quelli di “Secret Samadhi”), l’acustica “Maze” fa il verso ai semisconosciuti Caroline’s Spine, mentre “What Do You Need” ha nel ritmo la sua caratteristica più rilevante. Come detto in precedenza, si tratta di un prodotto decisamente godibile messo sul mercato da musicisti che non devono dimostrare nulla, visto che la loro strada è stata tracciata anni fa. Ad ogni modo non si può rimanere inermi dinnanzi a brani pieni di patos tipo “Nails On A Chalkboard” o “”Ugly” che sono delle piccole perle. Per chi si aspetta un disco post grunge o dalle sonorità tipiche di quelle band che hanno fatto la storia della musica, possiamo affermare che è totalmente fuori pista. Per chi, invece, desidera ascoltare un album semplicemente rock, allora l’invito è quello di dare un ascolto disimpegnato e senza pretese a “The Long Goodbye”, perché di piacevoli sorprese ne troverà in quantità notevole.