Ad una settimana di distanza dall’uscita del disco non ci sono ancora recensioni in rete. Credo che questo sia lo specchio di una classe giornalistica, direi pseudo tale, legata all’ambiente metal che scopiazza a destra e manca senza mai proporre un’idea o un’opinione propria. È chiaro che parlare dei toscani, dopo l’uscita di Terence Holler è alquanto rischioso e probabilmente in tanti, direi quasi tutti, desiderano vedere da che parte stanno i colleghi prima di prendere posizione. La domanda che mi pongo è se questa classe giornalistica i dischi li ascolta davvero o si limita a lanciare lo streaming in sottofondo mentre si occupa di tutt’altro. I livornesi sono un patrimonio della nostra scena heavy metal e in tutta sincerità non hanno mai deluso. Non lo fanno neanche stavolta con un disco che bilancia in maniera perfetta riff giganteschi ed una sezione ritmica mai scontata con strutture melodiche oscure e malinconiche, che mettono in risalto le qualità di Alex Jarusso (da pelle d’oca in ‘Black Bedlam’). Il banco di prova per il nuovo cantante sarà di sicuro la dimensione live però la sua prima prova è superata e, un po’ come accaduto con Tiziano Spurgo degli Extrema, saranno poi i fan a decretare la bontà o meno della scelta. Il guitar work di Eugene Simone, responsabile pure della produzione presso l’ES Studio ed il Magnitudo Studio, e Rudj Ginanneschi è semplicemente pazzesco (sentire ‘Born On Cold Ash’ e ‘ Lost Days Of Winter’ per credere) e le tastiere di Oleg Smirnoff recitano un ruolo determinante. Nella lista dei crediti troviamo anche Simone Mularoni, suo il mixaggio assolutamente competitivo con quello delle maggiori release prog metal internazionali, e Federico Mondelli, autore dell’artwork. Un must per tutti gli appassionati ed un altro gran colpo per Scarlet, che di recente ha pubblicato pure gli ottimi lavori di Deathless Legacy, Frozen Crown e Game Over.