Se volete ascoltare un bel disco di puro hard rock, con delle profonde venature stoner, i veterani Greenleaf, dalla carta d’identità svedese, sono quello che fa per voi. La band, che gira intorno alla figura carismatica di Tommi Holappa, confeziona un pugno di canzoni pesanti, ben costruite, su cui si erge la possente batteria di Sebastian Olsson che è davvero il motore portante di questo lavoro. Lo si capisce subito dall’accoppiata vincente formata dal primo singolo (molto gradevole) “Breathe, Breathe Out” e dalla successiva “Avalanche”, un cui è proprio il drumming di Olsson ad essere fondamentale. È lui che guida il resto della ciurma nell’andare forte e veloce, creando un sound magmatico che paga dazio ai primi Queens Of The Stone Age e agli ultimi Kyuss che rappresentano le guide spirituali dei Greenleaf. La presenza occulta di Homme e soci si nota molto bene nella lunghissima “The Tricking Tree” dove, davvero, ci pare di essere nel deserto dell’Arizona tanto caro agli amanti dello stoner. Stessa cosa si può affermare per “A Wolfe In My Mind” che è un’altra bella botta di energia che paga dazio agli anni novanta. Dopo lo spartiacque rappresentato dalla breve “That Obsidian Grin”, la seconda parte del disco è puro stoner, mai banale e ben costruito da quattro musicisti che sanno il fatto loro come pochi. Non è possibile rimanere impassibili dinnanzi alla cascata di suoni che le varie “Oh Dandelion”, “The Sirens Sound” e la conclusiva “An Alabastrine Smile” ci regalano senza soluzione di continuità. Siamo dinnanzi a musica suonata con il cuore ed interpretata al meglio da musicisti rodati. Certo, è sempre qualcosa di derivativo, ma quando le canzoni stanno in piedi da sole e crescono ascolto dopo ascolto, bisogna solo stringere la mano e dire bravi ai loro interpreti.