Poco prima della mezzanotte di sabato 30 novembre 2019. Kerry King degli Slayer si trovava al centro del palco del Forum di Los Angeles, le sue catene d'ordinanza pendevano dalla cintura, si è diretto verso la destra del palco, ha sganciato le catene e le ha tenute in alto, le ha lasciate cadere sul pavimento, si è girato e ha abbandonato le scene. Se penso a quelle catene mi vengono in mente i disegni in penna biro che facevamo sulle musicassette copiate dai compagni di scuola e le catene con cui voleva legarmi una ex-fidanzata e che si portava rigorosamente dietro in una borsa che pesava venti chili. Per il chitarrista, nei Megadeth giusto qualche settimana, è venuto il momento di riprendere quelle catene e misurarsi con ciò che conosce meglio ovvero la materia thrash e speed metal! I problemi di comunicazione tra il chitarrista e Tom Araya non hanno impedito agli Slayer di fissare nuove date dal vivo suscitando parecchie polemiche e nel frattempo Reignin Phoenix Music concede alle stampe un esordio solista che rischia di vendere come ‘Repentless’, un po' per il grado di aggressività che accompagna i pezzi e un po’ per la line-up che lo ha registrato. Dietro le pelli troviamo il redivivo Paul Bostaph, nella memoria dei fan soprattutto per la sua performance in ‘Divine Intervention’, al microfono Mark Osegueda dei Death Angel mentre le parti soliste di chitarra sono state eseguite dall’ex-Machine Head Phil Demmel. A tenere a bada questo supergruppo ci ha pensato Josh Wilbur, in passato a servizio di Lamb Of God e Korn, ormai famoso per la capacità di far suonare moderni e intriganti dischi legati ad antichi valori. I testi non sono certo controversi come quelli di ‘Reign In Blood’ o ‘Show No Mercy’ ma faranno comunque discutere. ‘Toxic’ polemizza contro la decisione della Corte Suprema di abolire la sentenza Roe v. Wade con cui era stato legalizzato l’aborto mentre ‘Two Fists’ denuncia ogni forma di guerra e ‘Where I Reign’ e la title track prendono di mira la religione. Il punto di forza del disco sta in ogni caso nella chitarra ritmica del quasi sessantenne e nelle parti vocali di Osegueda, anche lui non più giovanissimo e capace di mostrare una versatilità che non tanti gli riconoscono. Peraltro non parliamo di sette-otto tracce risicate ma di una scaletta ben corredata e priva di filler e di conseguenza non ci sarebbe niente di strano se ‘From Hell I Rise’ venisse segnalato nelle playlist di fine anno.