In linea con i lavori più recenti della band, ‘Blood Dynasty’ può contare su almeno tre punti di forza. Il primo e più importante è che il sound degli svedesi è immediatamente riconoscibile e questo non è affatto scontato visto che si parla di death metal melodico. Il secondo riguarda la voce, l’aggressività, la presenza fisica e l’appeal di Alissa White-Gluz, che ha saputo convincere anche i più accaniti detrattori della sua bravura. Il terzo, non certo l’ultimo per importanza, è legato alle doti chitarristiche di Michael Amott. Passano gli anni ma il suo impatto sulla scena non è diminuito. ‘Blood Dynasty’ è di conseguenza tutto ciò che ci si aspetta dagli Arch Enemy. La sola differenza rispetto agli ultimi lavori, soprattutto a ‘Deceivers’, sta nella velocità dei brani che è stata considerevolmente ridotta, in favore di un riffing più sontuoso e memorabile (‘Paper Tiger’ è sostanzialmente un brano heavy metal anni ‘80 reso attuale con qualche trucco tecnologico). ‘Dream Stealer’ e ‘Illuminate The Path’ introducono l’ascoltatore in un universo sonoro dove thrash, death e un pizzico di metalcore convivono grazie alla qualità tecnica ed alla duttilità dei membri. ‘Don’t Look Down’ mette in evidenza il carisma della cantante e la cover di ‘Vivre libre’ dei Blaspheme cerca di sorprendere senza riuscirci troppo. Jeff Loomis appare in ‘Break The Spell’ e ‘Moths’ ma tutto sommato anche Joey Concepcion se la cava. Daniel Erlandsson è un rullo compressore dietro le pelli e nei crediti c’è spazio anche per le orchestrazioni di Francesco Ferrini dei Fleshgod Apocalypse e per il violoncello di Raphael Liebermann (‘Presage’). Al resto ci hanno pensato Jens Bogren e Jacob Hansen, le registrazioni si sono svolte tra i Fascination Street di Örebro ed i Sonic Boom di Berlino, con ‘March Of The Miscreants’ e ‘Liars & Thieves’ altri due apici di una tracklist che non deluderà i fan che seguono la band da tempo.